Con la nuova Legge di Bilancio, sono stati rinnovati alcuni strumenti di pensione anticipata, tra cui quello che consente l’uscita a 58 anni di età.
La Riforma pensionistica sarà la priorità del Governo per il prossimo anno e, per questo motivo, sono già iniziate le trattative con i sindacati.
In attesa di un cambiamento radicale e del superamento della temutissima Legge Fornero, l’Esecutivo ha predisposto la proroga di alcune misure di flessibilità in uscita, tra cui Opzione Donna e Ape Sociale. Ha, inoltre, introdotto la nuova Quota 103, per permettere la pensione anticipata ad una platea di beneficiari abbastanza estesa.
Vediamo, dunque, quali sono le possibili strade a disposizione dei contribuenti per smettere di lavorare senza dover attendere la maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
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Pensione a 58 anni: a chi sarà riservata nel 2023?
La riconferma di Opzione Donna ha creato non poche polemiche, a causa della modifica dei requisiti anagrafici di accesso, ritenuti fortemente discriminatori.
La possibilità di andare in pensione a 58 anni è salva, ma il meccanismo da adoperare suscita delle perplessità. A partire dal prossimo anno, infatti, ci sarà una differenziazione dell’età anagrafica di uscita, sulla base dei figli. Nello specifico, sarà possibile smettere di lavorare con 58 anni di età e 35 di contributi, se si hanno 2 o più figli; mentre si potrà a 59 anni di età se si ha un solo figlio. Chi non ha figli, invece, potrà accedere alla pensione solo a 60 anni. Ed è proprio su questo aspetto che la Riforma penalizzerebbe le donne senza figli.
Potrebbe, quindi, esserci un dietrofront sulla modifica del presupposto anagrafico e un ritorno alla versione originale, che prevede la differenziazione solo tra lavoratrici dipendenti ed autonome.
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C’è possibilità per una misura simile per gli uomini?
La pensione a 58 anni con Opzione Donna ha come conseguenza il calcolo dell’assegno interamente con il sistema contributivo. Bisogna, inoltre, considerare il valore del coefficiente di trasformazione del montante contributivo. A 58 anni, il coefficiente è pari a 4,289%, mentre a 67 anni corrisponde a 5,575%. Come si può notare, dunque, c’è circa l’1,3% di taglio.
Tale strumento di flessibilità è stato sempre visto con favore dalla classe dirigente perché, nel lungo termine, comporta una spesa davvero ridotta per le finanze dello Stato.
Infine, trattandosi semplicemente di un’opzione, e non di una misura obbligatoria, le beneficiarie hanno la facoltà di scegliere se sfruttare questa opportunità e smettere di lavorare (subendo una riduzione della pensione spettante), oppure di continuare l’attività lavorativa ed accrescere, così, il montante contributivo.
Senza dubbio, se si guarda ai vantaggi per i conti pubblici, si tratta di uno strumento che potrebbe essere esteso a tutti i lavoratori, non solo alle donne e diventare, dunque, parte integrante della futura Riforma previdenziale.