Il nuovo esecutivo a guida Meloni si aggiorna anche nei settori più all’avanguardia. Non sfuggono le criptovalute all’attenzione sui cambiamenti rispetto agli introiti avvenuti dall’ultima legge in merito.
Il nuovo esecutivo ha introdotto con la legge di Bilancio importanti novità sulle criptovalute che vanno a regolare il trattamento delle imposte sul profitto.
Quante tasse si pagano su Bitcoin e criptovalute? Le ultime novità messe in campo dal Governo in ambito patrimoniale sono racchiuse nella bozza dell’articolo 30 delle legge di bilancio 2023. Questa intitolata “Tassazione delle operazioni su cripto attività”. Fa rifermento agli asset come Bitcoin, ma anche altri valori crittografici come i NFT.
Nello specifico viene introdotta una nuova soglia per considerare tassabili le eventuali plusvalenze ottenute con la compravendita di criptovalute. Fino al 2022 la soglia rimane pari a 51 mila euro, scenderà invece dal prossimo anno ad appena 2 mila euro.
L’imposta sui guadagni del 26% assimilabile a quella degli altri prodotti finanziari rimane invariata. Tuttavia se in passato entrava a valere per un valore minimo accumulato di 51.645,49 euro calcolato sul costo o valore di acquisto, per almeno 7 giorni consecutivi. Oggi le plusvalenze ottenute sulle criptovalute sono molto più difficili da evitare.
Come si applicano le imposte sulle criptovalute ottenute gratuitamente?
La legge prevede fino a ora l’irrilevanza fiscale delle operazioni che consentono di acquisire gratuitamente, valute virtuali è il caso ad esempio di staking, yield farming, o lanci promozionali per le quali si applicano le imposte solo nel momento in cui il contribuente le converte in valute tradizionali determinando una plusvalenza.
La tassazione dei soli valori convertiti in moneta fiat, è senza dubbio una semplificazione, che evita complessi e numerosi calcoli per ottenere il rendiconto finale.
La franchigia per l’obbligo di dichiarazione dei guadagni sulle criptovalute
La nuova regola introdotta dal Governo prevede una franchigia ridotta a soli 2 mila euro e un’imposta sostituiva del 14% da pagare sul valore delle criptovalute possedute. Il fine ultimo è l’emersione dei redditi precedentemente non dichiarati; vengono considerate nel calcolo anche i conferimenti ottenuti da terzi senza vere e proprie vendite.
Oltre questo nel caso in cui eventuali minusvalenze risultino superiori alle plusvalenze, sempre per un importo maggiore di 2 mila euro, l’eccedenza potrà essere dedotta in modo integrale dalle plusvalenze ottenute in uno degli anni successivi, fino al quarto.
Si tratta una misura che tenta di recuperare capitali non dichiarati al fisco che sono diventati molto maggiori delle aspettative. Solo nel 2021 ad esempio il valore di un Bitcoin è passato da 7.340 euro a oltre 40 mila con un guadagno di circa il 400%.
Fare emergere i guadagni non dichiarati sulle criptovalute possedute fino al 2021
Per coloro che non hanno indicato nella dichiarazione dei redditi le attività in criptovalute possedute al 31 dicembre 2021, come detto avranno la possibilità di presentare una dichiarazione correttiva, sul cui valore viene applicata un’aliquota sul capital gain pari al 14%. Chi invece, pur non avendo mai dichiarato il possesso di valori digitali, non ha realizzato alcun profitto, potrà farli emergere versando una sanzione dello 0,5% sul valore.
Chi non ha denunciato sulla dichiarazione dei redditi i guadagni in criptovalute potrà così mettersi in regola.
Si tratta di una richiesta esigua da parte del Fisco; esso è forse consapevole della semplicità con cui ancora oggi possono e molto più in passato è stato semplice far passare inosservato i guadagni sulle criptovalute. Non era necessario occultarli, la legge fino a pochi anni fa non considerava questi asset all’interno delle fattispecie valide ai fini delle imposte patrimoniali.
Oltre a questo, dal primo gennaio 2023 la legge di bilancio prevede l’introduzione di un’imposta di bollo del 2 per mille del valore della somma detenuta in criptovalute.
Dalla bozza della Legge di bilancio 2023 diversamente da altri prodotti come il Forex non è ammessa la dichiarazione sostitutiva. Questa è solitamente prevista presso i broker che provvedono a decurtare dal saldo le imposte dovute per l’anno in corso. Per calcolare plusvalenze e minusvalenze si dovrà tenere conto del valore delle operazioni effettuate facendo riferimento al saldo finale ottenuto dichiarandolo in modo autonomo al fisco.
Si considerano come plusvalenze sia i guadagni nel trading tra due o più criptovalute che tra criptovalute o asset affini e valute fiat.