Giorgia Meloni domenica ha affermato che potrebbe rinunciare senza combattere agli svincoli sulle imposizioni per i pagamenti senza contante.
A seguito dei colloqui con la Commissione europea sulla questione, il governo di Giorgia Meloni deve abbassare la testa. Non è stato possibile facilitare i piccoli pagamenti in contanti.
Il Governo aveva messo nella Legge di Bilancio 2023 diverse esenzioni per i rivenditori che rifiutano le carte di credito per pagamenti inferiori a 60 euro. Un’iniziativa di protesta appena accennata contraria allo spirito degli impegni presi con l’UE.
“Fino a 60 euro, vorremmo non costringere i rivenditori ad accettare pagamenti elettronici. Ma diciamo che la soglia dei 60 euro è indicativa, per me potrebbe essere anche più bassa”, ha detto Meloni in un video pubblicato su Facebook.
L’Italia è in Ue il principale beneficiario del fondo per la ripresa post pandemia dell’UE. Il nostro Paese è sotto il “ricatto” di circa 200 miliardi di euro che si aspetta di ricevere fino al 2026. In cambio, deve rispettare una serie di obiettivi nella tabella di marcia per le riforme.
Pagando in contanti si asseconda l’evasione fiscale? La retorica che mette a rischio le sorti del contante
Uno di questi, elaborato sotto l’ex amministrazione di Mario Draghi, è stata l’introduzione di sanzioni per i rivenditori che rifiutano i pagamenti digitali, con carta o applicazioni. L’obbiettivo si pone all’interno delle misure per combattere l’evasione fiscale.
Giorgia Meloni ha insistito sul fatto che rendere più facile pagare in contanti non è un modo per il Governo di assecondare l’evasione fiscale. Secondo i dati del Tesoro nel nostro Paese si evadono 100 miliardi di euro all’anno e lo Stato che sta chiedendo finanziamenti esosi all’Ue è costretto a fare di tutto per evitarlo.
La Germania e l’Austria non hanno un tetto al contante. L’evasione fiscale dipende in primo luogo dalla relazione dall’equità percepita della pressione fiscale, anche in relazione alla qualità dei servizi pubblici offerti. Secondo il Presidente del Consiglio: “per paradosso più è basso il tetto al contante e più si rischia evasione”.
Anche la Banca d’Italia, in audizione alla Camera sulla manovra, ha criticato le decisioni prese dal governo sulla questione contante e obbligo di Pos. Secondo l’istituto le posizioni dell’esecutivo sono “contro la modernizzazione del Paese che anima il Pnrr e contro l’esigenza di continuare a ridurre l’evasione fiscale”.
Se c’è un pregiudizio dalla parte delle banche, è vero che certamente la manovra sta risultando molto dipendente dalle istituzioni europee che molto oltre le contingenze nazionali hanno una visione a lungo termine difficile da ignorare. L’Ue è in grado di discutere e ridefinire tutti gli aspetti fondamentali della manovra.
Secondo quanto scrive Repubblica, la premier sarebbe in realtà «stufa» degli attacchi da Bankitalia, Cnel e Corte dei Conti. La colpa della marcia indietro sulle proposte ricadrà sulle istituzioni finanziarie? Lo schema sembra essere quello del: popolo contro Palazzi, commercianti contro banchieri.
È in discussione anche il limite ai pagamenti ai contanti che dovrebbe passare dai mille euro ai 5000. Sarà un ulteriore passo verso la riduzione progressiva dei pagamenti non tracciabili, con buona pace dell’orientamento liberalista del centro destra.
Le stime dei disoccupati e delle regioni più colpite nel 2023
Intanto l’attuale governo deve tenersi cara l’Ue; avrà bisogno di sostegno in quanto le previsioni economiche per il 2023 non sono particolarmente rosee. Secondo l’ufficio studi della Cgia la crescita del Pil e dei consumi delle famiglie è destinata ad azzerarsi.
Le fasce più colpite risulteranno i nuclei familiari di ridotte dimensioni e i giovani tra i 18 e i 29 anni. Sono anche coloro che vedranno ridursi il sostegno dato dal Reddito di Cittadinanza. Il numero dei disoccupati salirà di almeno 63 mila unità per un tasso del 8,4% a livello nazionale. L’ultima volta era accaduto nel 2011.
Secondo le stime il numero complessivo dei disoccupati nel 2023 sfiorerà la quota di 2.118.000. In termini assoluti, le situazioni più critiche si verificheranno nel Centro-Sud, con Napoli, Roma, Caserta, Latina, Frosinone, Bari, Messina, Catania e Siracusa che saranno le 10 provincie più colpite dall’aumento della disoccupazione.