Nonostante si sia allontanato dalla politica italiana, per Di Maio le grane potrebbero non essere finite. Probabile una causa del Movimento 5 Stelle se l’ex guida del Movimento non riconsegnerà il suo TFR al partito.
Nuovi problemi in arrivo per uno degli ex esponenti di spicco del Movimento 5 Stelle. Ci riferiamo a Luigi Di Maio, il quale insieme agli altri scissionisti del partito dovrà restituire gran parte del suo trattamento di fine rapporto, per non rischiare concretamente di finire in tribunale e andare dunque in causa contro la formazione politica cui fino a qualche tempo fa apparteneva.
D’altronde l’attuale leader del Movimento, Giuseppe Conte, lo ha di fatto minacciato più volte: se non sarà rispettato questo obbligo gravante su Di Maio e gli altri che hanno fatto le valigie per migrare altrove, il rischio concreto è quello dello scontro frontale nella aule giudiziarie.
Approfondiamo di seguito queste ultime novità, che sicuramente hanno rilievo in considerazione della popolarità e della fama dei personaggi coinvolti.
Il TFR da riconsegnare al M5S: non c’è pace per Di Maio e gli scissionisti
Luigi Di Maio sarebbe di fatto obbligato a pagare un conto salato al Movimento al quale, fino a pochi mesi fa, apparteneva e di cui è stato uno degli esponenti di spicco. Il campano, ex Ministro del Governo Draghi ma anche guida del Movimento 5 Stelle prima della grande rottura nella scorsa legislatura – la quale ha condotto alle elezioni politiche di settembre – ha scelto infatti un percorso politico distinto da quello del M5S.
Inizialmente ha tentato l’avventura con Impegno civico, partito nato nell’agosto 2022, ma presto naufragato dopo le elezioni che hanno portato alla nascita del Governo Meloni. In un secondo tempo, l’ex Ministro ha scelto di allontanarsi dalla politica italiana, optando per un nuovo ruolo di rilievo per l’UE. Il punto è però che, dopo i recenti contrasti con il Movimento e lo stesso Giuseppe Conte, i fantasmi del passato tornano a bussare alla sua porta.
Di mezzo ci sono i soldi del TFR ed infatti, ad aprire il caso in oggetto, è proprio l’attuale leader dei pentastellati. L’ex presidente del Consiglio Conte si sarebbe infatti scagliato contro Luigi Di Maio e gli altri scissionisti che in estate hanno deciso di lasciare il partito, a seguito della crisi di Governo.
Le regole del Movimento, che hanno sempre alimentato dibattiti e critiche per la loro peculiare rigidità, parlano chiaro: se è vero che l’avvocato sta valutando dei cambi di regolamento nella formazione politica che guida, è altrettanto vero che ha chiaramente evidenziato all’ex Ministro degli Esteri la concreta ipotesi di una causa giudiziaria, nel caso in cui il TFR versatogli fine mandato non rientri nei tempi brevi nelle casse pentastellate. Questa è infatti una regola ben nota nel Movimento.
Luigi Di Maio afferma di non aver ancora ricevuto il TFR ma intende destinarlo alla collettività
Luigi Di Maio avrebbe diritto ad una cifra vicina ai 45.000 euro come TFR, ma una parte dell’importo andrebbe in verità riconsegnato al partito che lo fece conoscere al grande pubblico. Secondo le regole interne al Movimento, se deputati e senatori del partito sono tenuti a versare il 20% del bonifico ottenuto da Camera e Senato, per gli scissionisti la cifra sale. In gioco infatti il versamento di un importo pari a 30.000 euro dei 45.000 in gioco.
Ma Di Maio ha rimarcato che, comunque, non avrebbe ancora conseguito il trattamento di fine mandato, specificando altresì che quando arriverà lo assegnerà “alla collettività”. Non solo lui ma anche altri scissionisti sono dello stesso avviso: la linea è dunque quella di non riconsegnare i soldi al partito, in considerazione del fatto che la natura del M5S non sarebbe più quella originaria.
Il rischio concreto è, come detto, quello di finire in una lunga ed incerta causa di tribunale. Sarebbe in arrivo dunque una iniziativa giudiziaria del M5S, come recentemente affermato dell’ex Premier e attuale guida del Movimento 5 Stelle. La formazione politica che attualmente sta battagliando per cercare di conservare il reddito di cittadinanza, non avrebbe dunque dubbi sui passi da compiere. La causa sarebbe dunque la sola via, in virtù di un regolamento interno ai pentastellati e la cui approvazione aveva ricevuto anche il contributo dello stesso Di Maio, oltre che del Comitato di garanzia dell’epoca.
Insomma non stupiscono le parole di Giuseppe Conte che ha ricordato che Luigi Di Maio dovrebbe rispettare ciò a cui a suo tempo lui e gli scissionisti avevano aderito, vale a dire le regole del partito. Ma dietro questa situazione bollente ci sono evidenti ruggini e veleni, che difficilmente saranno risolti da un passo indietro proprio di Di Maio.