Accompagnamento: è necessaria la revisione? Solo in questi casi

L’indennità di accompagnamento viene erogata se si possiedono alcuni requisiti. In alcune ipotesi è soggetta a revisione.

L’indennità di accompagnamento è un sussidio economico riconosciuto ai soggetti invalidi, che hanno serie difficoltà a deambulare e a compiere i normali atti quotidiani autonomamente.

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La prestazione, tuttavia, non è accordata per sempre, perché, in alcuni casi specificamente indicati, prevede la revisione. Scopriamo, dunque, quando quest’ultima operazione è necessaria e quando, invece, i titolari sono esonerati da tale onere.

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Revisione accompagnamento: quando è stabilita dalla legge?

L’indennità di accompagnamento è soggetta a revisione qualora il verbale di invalidità rilasciato dalla Commissione medica ASL, oltre all’indicazione della percentuale di invalidità o del diritto alla prestazione, specifica anche la necessità di sottoporsi a nuova visita. In tal caso, indica anche la data specifica per la futura convocazione.

In particolare, la visita di revisione è stabilita per gli invalidi civili affetti da patologie o menomazioni che possono variare col passare del tempo. Un’altra ipotesi di revisione è quella per i soggetti in età evolutiva (cioè di età anagrafica compresa tra 0 e 18 anni).

Come si effettua la revisione?

Come accennato, la revisione dell’accompagnamento ha luogo quando il verbale di invalidità la prevede.

L’interessato, dunque, riceve una raccomandata dall’INPS, nella quale sono indicati giorno, ora e luogo della convocazione dinanzi alla specifica Commissione medico- legale dell’ASL. È necessario mostrare tutta la certificazione sanitaria già analizzata in precedenza e, se c’è stato un peggioramento delle proprie condizioni di salute, portare anche la nuova documentazione che la accerti.

Alla Commissione spetta esaminare tutte le informazioni fornite e decidere se il disabile è ancora in possesso di tutti i requisiti richiesti per confermare la percentuale di invalidità e l’accompagnamento. Se ritiene che ci sia stato effettivamente un peggioramento, può decidere di aumentare la percentuale di invalidità.

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Cosa fare se viene ridotta la percentuale di invalidità?

In seguito alla visita per la revisione, tuttavia, può succedere che, sulla base della documentazione sanitaria prodotta, la Commissione medica decida di abbassare la percentuale di invalidità. Può, inoltre, stabilire la revoca dell’indennità di accompagnamento.

L’interessato ha due opzioni a disposizione:

  1. richiedere l’annullamento del verbale in autotutela (in base a quando stabilito dalla Circolare INPS n. 275 del 27 settembre 2006);
  2. procedere con il ricorso giudiziario.

Se, dunque, l’accompagnamento viene revocato, prima di presentare ricorso, il disabile può scegliere una procedura alternativa, la cd. richiesta di annullamento del verbale di autotutela.

Prevede l’istanza all’INPS di sospendere il verbale elaborato dalla Commissione medica e chiedere una nuova visita di accertamento.

Questo procedimento, purtroppo, ha uno svantaggio. Le tempistiche per ottenere il nuovo controllo, infatti, sono molto lunghe ed, inoltre, la richiesta di annullamento non comporta l’interruzione dei termini di prescrizione. Se il diritto si prescrive, dunque, non sarà più possibile presentare ricorso giudiziario.

Nello specifico, la prescrizione interviene dopo 180 giorni dalla comunicazione del risultato della visita medica e del rilascio del verbale.

Ricorso giudiziario per mancata conferma dell’indennità di accompagnamento

L’opzione alternativa all’annullamento del verbale in autotutela è il ricorso giudiziario. Il vantaggio principale di tale strumento è che interrompe i tempi di prescrizione.

Il ricorso giudiziario è lo stesso per l’invalidità civile, il riconoscimento della Legge 104 e la cecità civile. L’interessato dovrà, dunque, nominare un avvocato e depositare la cd. istanza di accertamento tecnico preventivo.

Nell’atto, che sarà oggetto di valutazione da parte dei giudici, devono esserci i seguenti elementi:

  • la documentazione medica specialistica;
  • l’indicazione delle condizioni mediche alla base dello status invalidante;
  • l’eventuale perizia di parte di un medico specialista, compiuta per conto del richiedente.

Le tempistiche del ricorso giudiziario variano in base al Tribunale. Nella maggior parte delle ipotesi, vanno dai 3 ai 5 mesi.

È evidente, dunque, che tale strumento abbia attese molto più brevi rispetto a quelle della richiesta di annullamento del verbale INPS. Tuttavia, lo svantaggio del ricorso consiste nei sui costi, che possono essere più o meno elevati.

I casi in cui non è prevista la revisione dell’accompagnamento

In apertura abbiamo specificato che non sempre l’indennità di accompagnamento è oggetto di revisione. L’INPS, infatti, non chiama a nuova visita nell’ipotesi in cui la Commissione medica sancisca che l’invalidità sia stabile o definitiva nel tempo. In altre parole, la revisione dell’accompagnamento non avviene se la patologia non può subire alcuna modifica (sia positiva sia negativa) nel tempo.

All’interno del verbale di invalidità, quindi, non ci sarà alcuna dicitura relativa ad una visita futura. Specifichiamo, però, che l’Istituto di previdenza può predisporre delle “visite a campione” per i percettori di prestazioni assistenziali. In questo caso, sarà necessario recarsi nel luogo specificato, nel giorno e nell’ora stabiliti, perché si rischia di perdere il sussidio.

Se, tuttavia, l’interessato è impossibilitato a presentarsi dinanzi la Commissione medica, potrà richiedere una visita domiciliare.

Infine, anche nel caso in cui non sia prevista la revisione dal verbale, se le condizioni di salute dovessero peggiorare, il disabile ha sempre diritto di chiedere un’ulteriore visita per l’aggravamento. Potrà, infatti, ottenere il riconoscimento di agevolazioni aggiuntive.

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