Tra i grandi protagonisti la Cina risulta ancora una volta suo malgrado responsabile della crescita globale.
In un mercato finanziario fortemente correlato all’economia globale, gli shock sempre più frequenti e profondi creano necessità di cooperazione con macroaree del mondo che si avvicinano tra loro.
Nel 2022 per la prima volta in 40 anni la crescita della Cina sarà probabilmente pari o inferiore a quella globale. La notizia è tra le più preoccupanti considerando i rallentamenti che stanno avvenendo in occidente. Qui le nazioni possono ora perdere per il prossimo anno il supporto della domanda cinese. Guardando al prossimo anno due tendenze saranno inevitabili: il progressivo avvicinamento tra gli Stati dell’eurozona e quello dell’Unione europea alla Nato.
La chiusura in perdita sia di bond e azionario che ha contraddistinto il 2022 non si vedeva dagli anni Ottanta. L’impennata dell’inflazione, scatenata dalla fine della pandemia e dalla guerra in Ucraina, ha fatto volare i prezzi al massimo da diversi decenni: +7% negli Usa, +11% nell’Eurozona, aumentando perfino il Giappone, in deflazione dagli anni Ottanta che ha registrato un balzo dell’inflazione al +3,7%.
L’Italia è tra le nazioni più a rischio? Il pesante ruolo del debito
Secondo il Financial Times l’Italia è tra le nazioni più a rischio: il quotidiano economico titola “I tassi della Bce spaventano l’Italia, l’anello più debole dell’Eurozona”. Nove economisti su dieci, si legge, sono convinti che di fronte al taglio degli acquisti da parte della Bce, l’Italia rischia un’emorragia di vendite sui Btp. Sul decennale italiano, il rendimento si aggira intorno al 4,5% mentre lo spread segna circa 210 punti base.
L’aspettativa è che, a breve, la politica restrittiva della BCE sui tassi spingerà l’economia sempre più in recessione e che questa a differenza di quella Usa, dipenderà molto dalla crisi energetica. La situazione sembra però già conosciuta e per ora sotto controllo. Per quanto riguarda il gas, l’autunno insolitamente mite, gli accordi nell’eurozona e calo delle preoccupazioni hanno contribuito a raffreddare i prezzi e fermare gli effetti imprevisti.
Secondo la direttrice del FMI nel nuovo anno la recessione colpirà un terzo dell’economia mondiale. L’istituto si aspetta un 2023 più difficile dell’anno appena trascorso. Le ultime stime del Fmi sulla crescita dell’economia mondiale hanno stimato un incremento di appena il +2,7% nel 2023. C’è il rischio che questi dati debbano essere rivisti al ribasso, così come già accaduto per quelle fatte sulla crescita di quest’anno nel 2021, che si sono praticamente dimezzate.
Gli effetti sul Pil dei costi energetici e la variabile non scontata e imprevedibile che arriva dalla Cina
Lo shock commerciale dovuto ai costi energetici equivale a una riduzione del PIL stimata tra il 3% e il 4%. Ciò che sembra sicuro per l’Eurozona è una lieve recessione entro pochi mesi con un Pil che può contrarsi dello 0,5% nel 2023.
In questi giorni a preoccupare di più sono le diffusioni del Covid dovute alla fine delle pesanti restrizioni in Cina. La recessione in Europa potrà diventare più grave del previsto? La differenza oltre al prezzo dei prodotti energetici e la tendenza dell’economia Usa la faranno oltre Mosca, la Cina, da cui dipenderà la prossima mossa. Pechino rappresenta la variabile con la maggiore incertezza rispetto alla sua direzione economico sanitaria e gli effetti di questa su scala globale.