Quota 103 è lo scivolo pensionistico ideato dal Governo Meloni per il 2023. Durerà dodici mesi e poi cosa accadrà ai lavoratori?
Fortunatamente l’intento dell’esecutivo è accantonare la Legge Fornero. Nei piani c’è Quota 41 per tutti, saranno realizzabili?
Il tempo a disposizione del Governo insediato in Parlamento solo lo scorso ottobre non è stato sufficiente per definire una formula pensionistica strutturale caratterizzata da quella flessibilità tanto desiderata dai lavoratori. La Legge di Bilancio 2023 ha così prorogato Opzione Donna – seppur con significative modifiche – e l’APE Sociale ed ha introdotto Quota 103. Questi scivoli affiancheranno nell’anno in corso la pensione di vecchiaia, la pensione anticipata ordinaria e la pensione per i precoci. Quota 103 prevede il pensionamento a 62 anni di età e 41 anni di contributi maturati. Significa lasciare il lavoro con ben cinque anni di anticipo rispetto ai 67 della pensione di vecchiaia. Il numero di contributi, però, è molto alto per tante persone. A conti fatti Quota 103 permette di accedere alla pensione ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare a 21 anni con continuità. Una misura dedicata ad una cerchia ristretta di cittadini, dunque, che durerà solo fino al 31 dicembre 2023. Cosa accadrà dopo?
Il post Quota 103 come sarà?
L’intento del Governo Meloni è di costruire una riforma delle pensioni basata sul sistema contributivo – già qui tanti lavoratori storceranno la bocca – in modo tale da evitare problematiche economiche e sociali come quelle accadute in passato con riferimento, ad esempio, agli esodati. Altro obiettivo è sostenere i giovani e l’ingresso nel mondo del lavoro, garantendo continuità di carriera e uno stipendio adeguato. Il fine è permettere loro di creare una solida pensione futura. Nei piani dell’esecutivo, poi, rimaneggiare quattordicesima, rivalutazione degli assegni e la pensione complementare.
Ma il vero nodo della questione sarà la Legge Fornero o meglio come evitare il suo ritorno. Il lavoro del Governo consisterà nel trovare una soluzione flessibile per i lavoratori che consenta di uscire dal mondo del lavoro prima dei 67 anni senza grandi rinunce. Sembrerebbe che l’ipotesi più plausibile sia Quota 41 per tutti.
Quota 41 per tutti, un piano realizzabile?
Quota 41 consente il pensionamento al raggiungimento di 41 anni di contributi con calcolo misto o retributivo dell’assegno, indipendentemente dall’età anagrafica. I sindacati chiedono che questo scivolo sia aperto a tutti i lavoratori, superando le limitazioni di categoria e età mentre il Governo punterebbe maggiormente su una via di mezzo, inserendo nuove categorie nell’opzione ma non proprio tutte.
Al momento, dunque, i 41 anni di contributi saranno affiancati dal requisito anagrafico dei 62 anni di età. Nel 2024 dovrebbe rimanere unicamente il requisito contributivo ma bisognerà attendere per capire chi potrà approfittare dello scivolo pensionistico. Nel frattempo verranno valutate anche altre pensioni. Oltre alla conferma dell’APE Sociale e di Opzione Donna resterà immutata anche la pensione per precoci. Si pensa, poi, alla pensione contributiva a 64 anni. Si potrà uscire prima dal mondo del lavoro accettando il calcolo contributivo dell’assegno pur rientrando nel sistema retributivo o misto. Una serie di sottoproposte si accavallano ma ogni dubbio dovrà essere sciolto entro la fine dell’anno in corso.
Basta con le forme di accesso alla pensione sperimentali. Il tempo per trovare uno scivolo strutturale non manca e dovrà servire anche per definire nuove possibilità per i giovani e quel ricambio generazionale atteso da tempo.