I cittadini che hanno lavorato per anni all’Estero hanno diritto a ricevere anche la pensione in Italia. Ma solo a tali condizioni.
Sono numerosi i lavoratori che sono costretti a lasciare il proprio Paese d’origine, per cercare fortuna all’Estero.
Nella maggior parte dei casi, gli immigrati decidono di rimanere nello Stato ospitante fino alla maturazione dell’età per andare in pensione. Ma come funziona in tal caso? Hanno diritto sia alla pensione estera sia alla pensione italiana? Oppure ci sono dei casi di incompatibilità? Vediamo come stabilisce la disciplina previdenziale, partendo da un interessante quesito giunto in Redazione.
Per maggiori informazioni, consulta il seguente approfondimento: “La pensione non è uguale per tutti: occhio alle regole per questi lavoratori“.
Pensione svizzera e pensioni italiane: cosa spetta?
Una Lettrice scrive quanto segue:
“Buongiorno, al momento percepisco la NASPI, ma ho maturato anche i requisiti per Ape Sociale ed Opzione Donna (35 anni di contributi e 64 anni età). Attualmente, ricevo una pensione di vecchiaia estera Svizzera che non supera i 5.000 euro annui. Questa pensione è compatibile con l’eventuale richiesta di Ape Sociale oppure Opzione Donna? Grazie mille.”
Il sistema pensionistico svizzero si poggia sui cd. tre pilastri.
Il primo pilastro è costituito dall’assicurazione di base AVS, l’assicurazione gestita dallo Stato. Di solito, in Svizzera si accede al pensionamento a 65 anni (se uomini) oppure a 64 anni (se donne). È necessario, inoltre, possedere almeno 44 anni di contribuzione.
Coloro che vogliono smettere di lavorare in anticipo, possono farlo, ma percepiranno un assegno di importo inferiore. Chi, invece, decide di continuare a lavorare per un periodo compreso tra l’1 e i 5 anni, avrà diritto ad un incremento. In ogni caso, l’importo finale della pensione si basa sugli anni versati, sul reddito e su eventuali accrediti per mansioni educative e assistenziali. Possono, infine, richiedere tale assegno coloro che hanno lavorato in Svizzera per almeno 1 anno.
Il secondo pilastro è l’assicurazione caso morte che tra l’altro, è la più diffusa. In tale ipotesi, l’interessato stipula un contratto, col quale si obbliga a versare una somma all’assicurazione. In caso di morte dell’assicurato, l’assicurazione erogherà una rendita mensile o un capitale in denaro ai suoi familiari.
Il terzo pilastro, infine, è costituito dalla pensione privata. Tale forma pensionistica prevede la stipulazione di un’assicurazione sulla vita. L’assicurato, dunque, versa ogni mese un premio, per un determinato periodo di tempo; alla fine, percepirà una rendita mensile. È possibile stabilire, al momento della stipula, di percepire la pensione anche nel caso di trasferimento in Italia.
Si ha diritto alla rendita estera anche se si ritorna in Italia?
I cittadini immigrati che hanno lavorato in Svizzera ma che, poi, al momento della pensione decidono di ritornare nel proprio Paese d’origine, hanno diritto alla rendita svizzera. L’ammontare varia a seconda degli anni di contributi, nel caso in cui abbiano lavorato in Svizzera per almeno 1 anno. Questa regola vale per i cittadini dell’Unione Europea ed i cd. frontalieri.
I pensionati che vanno via dalla Svizzera devono comunicarlo alla Cassa di competenza. L’AVS, poi, versa l’assegno pensionistico nella valuta del paese di trasferimento. Per l’Italia, ad esempio, la pensione viene pagata in euro.
Se si lascia la Svizzera prima della pensione, c’è l’interruzione del versamento dei contributi AVS. Per il secondo pilastro, invece, si può richiedere la liquidazione della somma spettante, anche se non si possiede ancora l’età pensionabile.
I contribuenti che, invece, hanno lavorato sia in Svizzera sia in Italia hanno diritto a due pensioni, ciascuna quantificata sulla base dei contributi versati nei due Paesi. In queste ipotesi, si sommano i contributi versati in tutti e due gli Stati, per maturare l’età anagrafica prevista per accedere alla pensione. Per effettuare tale operazione, però, sono necessari almeno 12 mesi di contributi in Svizzera.
Attenzione, però, perché tali contributi, in Italia, sono considerati come figurativi. Contribuiscono, dunque, solo alla maturazione del diritto alla pensione, ma non anche alla misura. L’importo spettante, infatti, è determinato esclusivamente sulla base dei contributi effettivamente versati in Italia.
Se, infine, si percepisce una pensione di invalidità in Svizzera, si conserva il diritto a riceverla anche in Italia e negli altri Paesi dell’Unione Europea. La visita medica di revisione, in tal caso, può essere effettuata nello Stato di residenza e solo eccezionalmente in Svizzera.
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La tassazione sulla pensione svizzera
I pensionati che ritornano in Italia dopo aver lavorato in Svizzera, pagano le tasse solo in uno dei due Paesi, a seconda dei casi. In base all’accordo tra Svizzera e Italia, infatti, non c’è la doppia tassazione.
In particolare, i titolari di pensioni di base (del primo pilastro o AVS) non devono dichiararle in Italia, perché sono già tassate in Svizzera. La situazione, invece, è differente per le pensioni di secondo e terzo pilastro. I percettori delle pensioni da secondo pilastro, infatti, devono pagare le tasse in Italia; nello specifico, la tassazione è pari al 5%. Le pensioni del terzo pilastro, infine, sono tassate in Italia.
Un caso particolare è quello dei frontalieri che hanno lavorato per soli 10 anni in Svizzera. Anche in tale ipotesi, la prestazione spettante viene calcolata in base al reddito lordo annuo, al periodo lavorativo e alla situazione familiare.
Per agevolare i calcoli relativi all’ammontare dell’assegno, l’Ufficio Centrale di Compensazione ha predisposto un’apposita sezione del suo sito web; accedendo, si può simulare la stima di una rendita online (ESCAL). La pensione spetta se si dimostra di aver lavorato in Svizzera per almeno 12 mesi.
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