Il quoziente familiare è uno strumento di cui si sentirà molto parlare nei prossimi anni. A cosa serve e come funziona?
Tra quale anno, al modello ISEE potrebbe aggiungersi il cd. quoziente familiare.
Ad annunciarlo è stato il Viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, che ha specificato che “il modello ISEE ha molti limiti e, per questo motivo, dovrebbe essere sostituito dal quoziente familiare. Quest’ultimo tiene conto del reddito del nucleo come sommatoria di tutti i redditi, applicando, poi, al denominatore dei coefficienti in base alla numerosità della famiglia”.
Scopriamo, dunque, in cosa consiste il quoziente familiare.
Per ulteriori dettagli, consulta il seguente articolo: “ISEE e quoziente familiare: le differenze per capire se si guadagna o si perde“.
Quoziente familiare: in cosa consiste e come si calcola?
Un nostro gentile Lettore ha inviato il seguente quesito:
“Buongiorno, io e mia moglie siamo i cargivers di mio figlio, affetto da un’invalidità con certificazione Legge 104. I componenti della nostra famiglia sono 3. In che modo si calcola il quoziente familiare in caso di disabili a carico? Grazie. Cordiali saluti.”
Si tratta di uno strumento che prende in considerazione il nucleo familiare nel complesso e, dunque, il numero dei suoi membri, le spese affrontate ed il patrimonio (mobiliare e immobiliare) posseduto. Per l’attuale Governo, tale modello garantirebbe una maggiore eguaglianza nelle imposte.
L’ISEE quale parametro per l’erogazione della maggior parte dei benefici è, da molti, ritenuto inidoneo, perché le famiglie dovrebbero essere aiutate a prescindere dal reddito posseduto. Per questo motivo, c’è chi ritiene che sia necessaria una “riforma della fiscalità della famiglia”, che comporti anche l’adozione del quoziente familiare. È bene precisare, tuttavia, che tale strumento non andrà a sostituire l’Indicatore Economico Equivalente, ma si aggiungerà ad esso, con funzioni differenti.
Ma quali sono le differenze tra ISEE e quoziente familiare e come funziona quest’ultimo?
L’ISEE “fotografa” la situazione reddituale di un soggetto o di una famiglia, sulla base dei redditi da lavoro percepiti e del valore del patrimonio mobiliare e immobiliare. Viene utilizzata una specifica scala di equivalenza, a seconda del numero dei componenti il nucleo familiare e della presenza di eventuali situazioni di disagio.
Il quoziente familiare, invece, tassa il reddito “per quote”. In altre parole, lo suddivide per un quoziente specifico, che si basa sia sul numero dei membri della famiglia sia sulle loro caratteristiche.
Tale sistema, dunque, si basa sulla cd. tassazioni per parti. In cosa consiste?
La tassazione per parti: come funziona?
Il sistema della tassazione per parti è retto dal principio in base al quale, a parità di reddito e di composizione familiare, ad ogni membro della famiglia spetta la stessa quantità di risorse.
Con il quoziente familiare, dunque, il reddito totale della famiglia è tassato per quote, suddividendo lo stesso reddito per un certo quoziente, a seconda del numero e delle specifiche caratteristiche di tutti i membri.
Un simile modello è già ampiamente diffuso in alcuni Paesi europei, come, ad esempio, in Francia.
Non perdere il seguente approfondimento: “Addio ISEE? La differenza con il Quoziente Familiare: la novità“.
Quoziente familiare: le possibili conseguenze
Secondo una ricerca Eurispes, l’introduzione nel nostro Paese del quoziente familiare porterebbe ad un risparmio medio annuo di imposta di quasi 800 euro a nucleo familiare.
Il costo di una simile operazione sarebbe di circa 3 miliardi di euro, ammortizzato, però, dall’aumento dei consumi delle famiglie italiane.
Attualmente, c’è un sistema di tassazione su base individuale; questo significa che, a parità di reddito, sono penalizzate le famiglie monoreddito e con figli a carico. Il quoziente familiare, invece, prevede l’applicazione dell’imposta sul totale dei redditi dei componenti la cd. “famiglia fiscale” (formata dal contribuente, dal coniuge, dai figli minorenni e da eventuali soggetti invalidi conviventi).
Un esempio può aiutare a comprendere il meccanismo. Ad una coppia sposata con due figli a carico potrebbero spettare 3 quote (1 quota per ogni coniuge ed una mezza quota per ciascun figlio). In poche parole, a parità di reddito familiare, l’imposta dovrebbe diminuire al crescere dei membri della famiglia. Questo risultato è possibile, però solo diminuendo la progressività dell’imposizione all’aumentare dei componenti del nucleo familiare.
Le aliquote progressive non si applicano, dunque, sul reddito familiare, ma su quello medio pro-capite (che è inferiore).
Le critiche più feroci a tale meccanismo fanno leva sul rischio che si possano predisporre benefici a favore anche dei nuclei familiari con redditi elevati. Rischio che, tuttavia, potrebbe essere eliminato prevedendo una soglia massima alle agevolazioni fruibili.
Sarebbero, invece, numerosi i vantaggi per i redditi più bassi, attraverso la determinazione di una no-tax area e di un taglio delle aliquote applicabili agli scaglioni più bassi.
Non resta altro che attendere le prossime mosse del Governo.
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