Non tutti i lavoratori devono attendere la maturazione di 20 anni di contributi per andare in pensione. Ecco chi ha diritto ad uno “sconto”.
Alcuni contribuenti possono beneficiare di una copertura assicurativa maggiorata, per aver svolto la propria attività lavorativa in specifiche condizioni.
In tali ipotesi, dunque, il montante contributivo è potenziato. I versamenti previdenziali corrispondenti a questi periodi vengono moltiplicati per specifici coefficienti di maggiorazione. La conseguenza è un’anzianità contributiva accresciuta che si somma a quella reale.
Questo meccanismo ha lo scopo di consentire al lavoratore di accedere al pensionamento in anticipo, senza dover attendere la maturazione dell’anzianità contributiva richiesta per la pensione di vecchiaia. Vediamo, dunque, quali sono i destinatari della maggiorazione contributiva e quando è possibile ottenerla.
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Pensione con meno di 20 anni di versamenti: quando è consentita?
Un nostro Lettore ha inviato il seguente quesito:
“Buonasera, il 2 marzo prossimo compirò 64 anni e vorrei sapere se, con 18 anni di contributi versati al 31/12/1995 posso andare in pensione. Grazie mille.”
Andare in pensione senza aver raggiunto i 20 anni di contribuzione richiesti non è semplice, perché, in alcuni casi, si rischia di dover attendere il compimento dei 71 anni di età. La normativa italiana, però, consente a determinati contribuenti di smettere di lavorare anche senza il requisito contributivo minimo.
In alcuni casi, infatti, 18 o 19 anni di versamenti previdenziali possono bastare. Saranno, ovviamente, utili solo per il raggiungimento del diritto alla pensione e non anche per il calcolo dell’assegno che, invece, dovrà necessariamente basarsi sui contributi effettivi.
Ma procediamo con ordine e vediamo quali sono le opportunità a disposizione dei lavoratori.
Maggiorazione contributiva per il lavoro precoce
Per legge, ci sono alcuni periodi di lavoro o di assenza dal lavoro che valgono di più, in relazione al raggiungimento del diritto alla pensione. L’art. 1 della Legge n. 335 del 1995, ad esempio, stabilisce la maggiorazione contributiva per il lavoro precoce.
In particolare, la norma prevede che, per i lavoratori precoci (cioè quelli che hanno cominciato a lavorare prima del compimento dei 18 anni di età), ogni periodo di versamento fino al raggiungimento dei 18 anni, vale 1,5 volte.
Nello specifico, coloro che sono nati nel 1955 o nel 1956 e che, dunque, compiono 67 anni nel 2022 o nel 2023, possono andare in pensione anche solo con 18 anni di contributi. È necessario, però, che abbiano iniziato a lavorare all’età di 16 anni. In tal caso, dunque, i 2 anni di versamenti “mancanti” vengono compensati dalla maggiorazione contributiva dei 2 anni di lavoro svolti prima dei 18 anni di età (che valgono 1,5).
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I requisiti per la pensione con 18 anni di contributi
Bisogna specificare, però, che quanto finora evidenziato sulla maggiorazione contributiva spetta solo a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, cioè a coloro che ricadono nel sistema di calcolo contributivo dell’assegno pensionistico.
La normativa, inoltre, prevede, per le donne, una maggiorazione di 4 mesi per ciascun figlio, fino ad un massimo di 12 mesi. Ad esempio, una donna che ha 3 figli, che è nata nel 1955 e che ha iniziato a versare contributi dal 1996, può accedere al pensionamento usufruendo di un vantaggio di 12 mesi di contributi (cioè, 4 mesi per ogni figlio).
Tale possibilità è riservata anche alle lavoratrici che scelgono il calcolo contributivo (cd. Opzione Dini) oppure a quelle che possono usufruire del cumulo nella Gestione Separata INPS.
Segnaliamo, in conclusione, al nostro Lettore che non ha i requisiti per poter godere di tale misura ed andare in pensione con 18 anni di contribuzione. Egli, infatti, ha i versamenti previdenziali prima del 1995.
Se hai dubbi o vuoi porre una domanda di carattere previdenziale, fiscale e legge 104, invia qui il tuo quesito.