Occhio a risparmiare troppo in famiglia, il rischio infatti è incappare in un reato. Vediamo il caso concreto analizzato dalla Cassazione.
Com’è noto le competenze della Cassazione sono più d’una. La Suprema Corte è il supremo organo di giurisdizione italiana e giudice di ultima istanza, avente il ruolo di garantire l’uniforme interpretazione e applicazione del diritto, il rispetto dei limiti delle varie giurisdizioni, ed anche quello di assicurare la regolazione dei conflitti di competenza e attribuzione tra i vari magistrati.
Insomma, ben si può comprendere la centralità delle funzioni della Corte, in senso generale e per questioni anche molto rilevanti per la collettività.
Ebbene, in questo quadro non dimentichiamo che la Corte di Cassazione, non di rado, emette anche provvedimenti aventi un immediato rilievo pratico, per le vicende affrontate e risolte dai giudici del supremo organo della giustizia italiana. Pensiamo in particolare ad una recentissima sentenza, secondo cui costringere la propria famiglia al risparmio forzato ed estremo costituisce un illecito penale.
Proprio così, di reato si tratta in questo caso. Vediamo allora i dettagli e cerchiamo di capire perché l’Alta Corte è giunta a questo provvedimento.
Troppo risparmio in famiglia? Ecco di quale reato risponde il responsabile
Oggi, si sa, risparmiare è un obiettivo di moltissime famiglie e far quadrare i conti del bilancio familiare mensile può risultare, talvolta, una vera e propria impresa, tra costi delle bollette, del carburante, dei beni di prima necessità e le spese per le attività e le necessità dei figli. Ebbene, al risparmio però vi deve essere un limite, perché se il ‘non spendere’ viene imposto come obbligo ai familiari, allora il rischio è sconfinare nel vero e proprio reato, quello di maltrattamento – di cui si trova opportuna disciplina nel nostro Codice Penale.
In buona sostanza, la Corte di Cassazione ha constatato una situazione familiare che aveva preso una piega sbagliata: non si tratta di obblighi di economia domestica, ma di privazioni eccessivamente severe ed imposte da uno dei coniugi su tutti i membri del nucleo familiare. La sentenza ha dunque confermato la condanna dell’uomo troppo risparmiatore, che avrebbe condizionato così tanto la sua famiglie nei consumi, da dare luogo a veri e propri maltrattamenti.
Una sorta di ‘malattia o patologia del risparmio’ che si sostanzia in gesti e comportamenti caratterizzati da:
- controllo pervasivo e afflittivo;
- sopraffazione e vessazione nei confronti del coniuge.
Insomma, nella vicenda affrontata il risparmio è diventato ossessivo e estremo e la gestione economica delle entrate e delle uscite fin troppo scrupolosa, tanto da privare la famiglia di beni essenziali. Ecco perché sussistono gli elementi per condannare il marito (o la moglie) spilorcio fino all’inverosimile.
Troppo risparmio in famiglia? Ecco quale articolo del Codice Penale viene violato
L’articolo 572 del Codice Penale, primo comma, indica in particolare che qualsiasi soggetto maltratti una persona della famiglia o comunque convivente, o un soggetto sottoposto alla sua autorità o a lui affidato per motivi di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è sanzionato con una pena detentiva anche fino a sette anni di carcere.
In questo caso la violenza è di fatto psicologica, ed avviene tra le mura familiari, costringendo o inducendo uno o più membri del nucleo a risparmiare in modo esagerato su tutte le spese tipiche di una famiglie, comprese quelle per i beni essenziali.
Non gesti di tirchieria sporadici, ma una vera e propria linea di comportamento adottata dalla persona condannata. Una violenza che integra “maltrattamento” perché, così è emerso dalle carte, l’uomo decideva ogni aspetto della vita economica del nucleo familiare, non consigliando scelte, ma imponendole con un risvolto di violenza verbale, insulti e minacce – in tutti i casi in cui uno dei componenti della famiglia violava i dettami del marito tirchio all’estremo. Questi infatti imponeva cosa comprare nei negozi, in che posto fare la spesa e quante volte lavarsi durante il giorno. Addirittura in corso di causa è emerso che l’uomo obbligava ad usare l’acqua usata per pulirsi il viso, per farsi poi la doccia.
Conclusioni
Al reato di maltrattamento che, come abbiamo accennato, viene attribuita una pena detentiva, possono unirsi anche aggravanti di vario tipo – le quali però non sono state individuate dalla Corte come ricorrenti nel caso affrontato recentemente.
Nel sanzionare questo comportamento ritenuto sproporzionato ed inopportuno, la Corte di Cassazione ha colto infatti l’occasione per rimarcare nella sentenza che uno stile di vita improntato al risparmio ogni oltre ragionevole limite, deve essere in ogni caso condiviso dalla coppia e non imposto da uno dei due coniugi. Ciò in particolare vale con riferimento alle minime e quotidiane esigenze di vita in casa e di accudimento personale. Insomma, quanto basta per rischiare di rispondere del reato di maltrattamento in caso di imposizione del risparmio.