Col nuovo Reddito di Cittadinanza il Governo risparmierà più di 700 mila euro, ma che ne sarà delle persone che hanno bisogno del sussidio?
La volontà del Governo Meloni è quella di non dare il Reddito a chi non lo “merita”, ma con le nuove regole, già entrate in vigore dal 1 gennaio 2023, si rischia una strage di povertà.
Dopo anni di dibattiti, finalmente la politica ce l’ha fatta: sta smantellando il Reddito di Cittadinanza, e nel 2024 sarà abolito definitivamente. Ma come per molte cose fatte “all’italiana”, si rischia una strage. Di poveri.
Andiamo intanto a capire in cosa consistono i cambiamenti, e quali sono i parametri attuali per accedere al RDC.
Nuovo Reddito di Cittadinanza, come funziona
Secondo le prime stime, con l’entrata in vigore delle nuove regole saranno più di 400 mila gli italiani che perderanno il sussidio. Oggi chi desidera fare la richiesta deve elaborare l’ISEE, come in precedenza, e l’indicatore non deve superare i 9.300 euro. In caso di minori e/o disabili nel nucleo familiare, vengono applicate i relativi ricalcoli. Il patrimonio immobiliare non di residenza non deve superare i 6.000 euro per il soggetto singolo, e i massimali sono previsti in 30.000 euro.
Gli occupabili
La vera “novità” risiede nel fatto che la “stretta” arriva per determinate categorie di cittadini, che sono stati ribattezzati “occupabili”. E che l’assegno, invece di essere erogato per 18 mesi come in precedenza, avrà una durata solamente di 7 mesi. Chi non frequenta i corsi obbligatori per il reinserimento nel mondo del lavoro perde subito il sussidio. Anche il rifiuto ad una proposta di lavoro, la prima, comporta il taglio definitivo dell’assegno.
La quota dell’affitto
Un’ulteriore novità riguarda la gestione della quota del Reddito destinata al pagamento dell’affitto. In precedenza veniva riconosciuto un tot e il beneficiario del Reddito poteva usarlo (facendo un bonifico con la PostePay del Reddito) per pagare appunto l’affitto. Adesso tale quota verrà versata direttamente al locatore (colui che affitta la casa).
C’è discriminazione e lesione della privacy?
Qui sorge spontanea una riflessione: un locatore che si vede arrivare il pagamento dall’INPS potrebbe manifestare nei confronti del locatario una sorta di “disagio” se non addirittura una forma di discriminazione. Perché pagare col Reddito viene associato automaticamente ad uno stato di povertà, e dunque di insicurezza economica, che potrebbe portare i locatari a non rinnovare i contratti. Chissà se i politici si sono chiesti quanto è imbarazzante dover spiegare di essere poveri, o comunque in difficoltà economica. Probabilmente no, dato che a Palazzo tutto funziona a dovere, tutti hanno i “giusti” compensi per poter sopperire alla vita quotidiana, e una ricca serie di privilegi che i cittadini comuni non vedranno mai.
Col nuovo Reddito si rischia di penalizzare i fragili e non si combatte l’illegalità
Che la forma di sussidio ideata avesse delle criticità non v’è dubbio. Purtroppo, come accade in Italia e nel resto del mondo, ci sono i criminali e i disonesti. Molti sono i cittadini che hanno percepito il sussidio senza averne diritto, ma la questione poteva essere affrontata diversamente. Ad esempio costituendo una Commissione ad hoc che controllasse tutta la documentazione, al fine di scovare chi aveva falsificato le carte.
Invece no, si è preferito accusare i bisognosi di preferire “il divano” al lavoro, denigrando così, senza criterio, tutti quanti. Non dimentichiamo che il Reddito, durante la pandemia, è stato fondamentale per non far cadere in povertà assoluta centinaia di migliaia di italiani che avevano perso il lavoro.
Ma il Governo ha la memoria corta e pensa solo a risparmiare miliardi. Non tiene conto delle singole situazioni, che sono tante e diverse tra loro, e chi promuove le regole si illude di poter far rientrare in 3 o 4 casistiche la vita di milioni di persone.
La storia di Maria, una delle tante
Leggiamo su un noto portale dedicato ai diritti dei consumatori, Sportello dei Diritti, la storia di una donna che è disperata perché senza Reddito diventerà ancora più povera. Una storia che però ne rappresenta simbolicamente altre 400 mila, quelle che riguardano chi non potrà più accedere al reddito grazie alle nuove regole.
Maria aveva un’attività, che ha dovuto chiudere a causa della crisi economica. Chiede lavoro, ma il lavoro non c’è, o se c’è è saltuario, sottopagato e senza la certezza di un contratto definitivo. Adesso teme che, con le nuove regole, pur considerata occupabile ma residente in un luogo dove il lavoro non c’è, perderà anche quelle poche centinaia di euro che adesso le garantiscono quantomeno la sopravvivenza. Come lei, tanti.
Il Governo dice bene quando sostiene che “ci vogliono politiche attive per promuovere il lavoro”, ma dopo le parole ci vorrebbero fatti concreti. Se non si “penalizza” chi sfrutta i lavoratori, che fanno leva sul bisogno, non si va da nessuna parte. Se ciò che propongono i partiti è una qualche frequenza ad un corso formativo che poi non sfocia in nessun impiego, non si va da nessuna parte. Idem se non si incentiva il più possibile chi vuole iniziare un’attività in proprio, ché ad oggi viene “strangolato” dalle tasse non appena crea una partita Iva.