L’introduzione del quoziente familiare vuole rivoluzionare il sistema fiscale italiano somigliando maggiormente a quello di tassazione francese.
Redditi individuali per definire la ricchezza della famiglia, tale meccanismo potrebbe essere presto superato.
Il Governo Meloni ha tirato in auge il termine quoziente familiare. Si tratta di un meccanismo di tassazione volto a competere con l’ISEE. Abbiamo già analizzato le differenze tra i due sistemi fiscali capendo quale risulta migliore per i cittadini. Un lettore ci chiede, però, “Se una persona è single e disabile non viene valutata la disabilità ma si considera come single normale” riportandoci dentro la tematica.
È chiaro come tanti contribuenti siano ancora spiazzati dalla possibilità che l’ISEE venga sostituito o quantomeno affiancato dal quoziente familiare. Significherebbe mettere mano al sistema fiscale italiano ispirato ai principi di capacità contributiva e progressività della tassazione (articolo 53 della Costituzione). I cittadini sono ad oggi chiamati a concorrere alle spese pubbliche in modo proporzionale alla capacità contributiva. Tale principio non verrà toccato, naturalmente, ma con il sistema di tassazione alla francese si agevolerebbero solamente alcune tipologie di famiglie, principalmente quelle numerose.
Il sistema di conteggio del quoziente familiare
Il metodo di calcolo delle imposte presuppone che l’imposta dovuta venga calcolata in relazione ad un coefficiente determinato in base al reddito complessivo della famiglia e al numero dei componenti. Per procedere con il conteggio, dunque, occorrerà sommare i redditi del nucleo familiare, dividere il risultato per il numero dei membri e applicare, poi, l’aliquota propria del reddito così calcolato. La pressione fiscale diminuisce con l’aumentare del numero di componenti della famiglia.
La progressività e il principio della capacità contributiva continuano, dunque, ad essere soddisfatti anche se i single potrebbero sentirsi penalizzati da tale sistema. Per quanto riguarda il valore del coefficiente occorre aggiungere che non è sempre uguale ma variabile a seconda delle caratteristiche della famiglia. Corrisponderà a 1 se nel nucleo risiede unicamente il richiedente, a 2 per la coppia sposata o convivente, si aggiungerà 0,5 per il primo e secondo figlio, 1 per ciascun figlio dopo il secondo e 0,5 per genitori soli con almeno un figlio a carico. Da terzo figlio in poi o in presenza di figli disabili a carico il coefficiente può arrivare al massimo a 4.
Nessuna variazione al coefficiente in caso di disabilità del richiedente. Ciò significa che il nostro lettore verrà considerato al pari di un single senza invalidità e dovrà applicare, dunque, il valore 1.
Un esempio di calcolo
Per capire il funzionamento del quoziente familiare procediamo con un esempio di calcolo. Poniamo il caso di una coppia con un figlio. Il coefficiente sarà di 2,5 ossia 2 per i coniugi e 0,5 per il figlio a carico. Supponiamo che il reddito complessivo di tutta la famiglia sia di 30 mila euro. Toccherà togliere un 10% di deduzione forfettaria ottenendo 27 mila euro. Questo importo dovrà essere diviso per 2,5 ottenendo 10.800 euro. Su questa cifra occorrerà, poi, applicare l’aliquota IRPEF relativa al pagamento delle imposte. Si capisce da sé come in caso di persona single il risultato finale sarà più elevato dovendo dividere il reddito per 1.
Ribadiamo che le agevolazioni per i disabili sono previste solamente nel caso in cui nel nucleo sono presenti figli a carico con invalidità.
Le critiche al quoziente familiare
Proprio il nostro esempio ci permette di capire il perché siano state mosse diverse critiche al quoziente familiare. Questo sistema di tassazione svantaggia i nuclei con pochi componenti e monoreddito a parità di reddito. Naturalmente una famiglia di quattro persone avrà più uscite mensili rispetto ad un nucleo di due o addirittura una persona e il quoziente tiene conto proprio di questa differenza. Eppure le critiche non mancano.
Altra pecca sostenuta da alcuni contribuenti riguarda il fatto che il calcolo delle quote si baserebbe sull’ISEE. L’indicatore in realtà non dovrebbe avere i paletti del numero di componenti e non dovrebbe poter essere strumentalizzato dall’esecutivo per sostenere una politica sociale che limita le agevolazioni solamente ad alcuni cittadini. Il reddito non è il solo indicatore di una situazione di difficoltà economica. Sarebbe necessaria una visione più ampia e di aiuti per tutti i cittadini che ne hanno bisogno per motivi differenti.
Ultime puntualizzazioni
Occorre sottolineare, allo stesso tempo, come il meccanismo del quoziente familiare tenda a superare la logica dell’ISEE. Non considera l’aspetto patrimoniale – terreni, fabbricati, giacenze medie, saldi, Buoni Fruttiferi, investimenti – come l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente andando a sostenere maggiormente autonomi, professionisti e imprese. Ricordiamo, infine, che il quoziente familiare è stato introdotto anche nel Superbonus. L’aliquota è stata abbassata al 90% nel 2023, questo è un fatto risaputo, ma non tutti sanno che per la ristrutturazione delle unifamiliari è prevista una nuova modalità di calcolo basata proprio sul quoziente familiare. Gli interventi potranno essere eseguiti solo da coloro che hanno un qf inferiore a 15 mila euro.
Non solo, il sistema potrebbe essere utilizzato anche in seguito al blocco della cessione dei crediti e dello sconto in fattura per lasciare aperte queste strade solamente a chi ha un determinano reddito. Si tratta solo di un’ipotesi dato che l’attuazione di una differenziazione del genere potrebbe risultare difficile ma serve per far capire che oramai il quoziente familiare sta prendendo sempre più piede in Italia.