I lavoratori hanno le idee molto confuse sui contributi volontari e sulla loro incidenza con riferimento al pensionamento anticipato. Cerchiamo di fare chiarezza.
L’uscita dal mondo del lavoro può essere anticipata con il versamento dei contributi volontari ma solo ad alcune condizioni.
Il meccanismo della contribuzione volontaria permette di raggiungere i requisiti necessari per il pensionamento. Può essere sfruttato da chi ha perso il lavoro e non riesce a trovare un’altra occupazione. Il problema è reale sia qualora mancassero ancora molti anni alla pensione sia nel caso in cui il pensionamento è dietro l’angolo ma la mancanza della contribuzione necessaria non permette di accedere allo scivolo pensionistico. Di fronte a problematiche del genere l’unica strada da seguire può essere quella della contribuzione volontaria. Previa autorizzazione è possibile iniziare ad effettuare i versamenti ma tendendo conto di specifiche regole che variano in base alle categorie di lavoratori. L’alternativa ai contributi volontari è rappresentata dai contributi da riscatto ma presentano un costo oneroso soprattutto se gli anni di vuoto da coprire sono numerosi.
Fermo restando, dunque, che la via scelta è quella dei contributi volontari capiamo quando e come utilizzare questa opzione.
Contributi volontari, le condizioni per i versamenti
I contributi volontari non possono essere versati mentre si svolge un’attività lavorativa ad eccezione di un lavoro part time. La sospensione o l’interruzione del lavoro, dunque, è una prima condizione indispensabile. Segue, poi, il requisito contributivo che prevede l’aver almeno cinque anni di contribuzione maturata – 260 contributi settimanali o 60 mensili. In alternativa è possibile aver maturato tre anni di contributi nei cinque che precedono la data di presentazione della domanda. Per semplificare
- 156 contributi settimanali per i lavoratori domestici,
- dodici mesi di contributi per chi svolge un lavoro part time nei cinque anni precedenti alla domanda,
- un anno di contribuzione per chi svolge lavori stagionali, temporanei e discontinui, per periodi non coperti da contributi figurativi oppure obbligatori (sempre nei cinque anni precedenti alla domanda).
Una volta ottenuta l’autorizzazione si potrà cominciare con i versamenti. L’importo dipenderà dalla retribuzione media dell’ultimo anno di lavoro.
Accenno ai requisiti per i lavoratori autonomi
Per gli autonomi iscritti all’INPS, invece, le condizioni sono
- cinque anni di contribuzione effettiva per artigiani e commercianti oppure
- tre anni di contribuzione nei cinque precedenti alla domanda,
- cinque anni di contributi in tutta la vita assicurativa per coltivatori diretti, coloni e mezzadri oppure
- 279 contributi giornalieri se uomini e 186 se donne o giovani nei cinque anni precedenti alla domanda,
- un anno di contribuzione per i lavoratori parasubordinati nei cinque anni precedenti alla domanda.
Un anno di lavoro non corrisponde ad un anno di contributi, il caso particolare
I lavoratori devono sapere che a volte pur lavorando un anno intero non si matura un anno di contribuzione. Di conseguenza, andando a conteggiare gli anni per il soddisfacimento del requisito contributivo volto al pensionamento si avrà una brutta sorpresa. Il “no” dell’INPS per non aver maturato il numero giusto di contributi.
Dodici mesi oppure 52 settimane di attività non equivalgono ad un anno, come mai? In redazione è giunto un quesito. “Durante l’anno scolastico 1987/1988 venni assunto come docente presso un Istituto paritario (ora cessato) con contratto 1° gennaio 1988/ 9 settembre 1988 (37 settimane). Posso recuperare le quindici settimane mancanti?“. Il lettore vuole arrivare alle 52 settimane per poter recuperare l’anno di contribuzione ma sarà realmente così?
L’esempio chiarificatore
Poniamo il caso di un lavoratore che al compimento dei 67 anni si ritrova disoccupato da diversi mesi ma con venti anni di contribuzione precisi alle spalle. Le porte sulla pensione di vecchiaia si apriranno sicuramente. In realtà è possibile che rimangano ben chiuse se i 20 anni di contributi non risultassero completi.
È possibile, infatti, che il valore dei contributi versati non sia sufficiente per calcolare un intero anno. Rimanendo sotto determinate cifre si potrebbe rischiare di non centrare il pensionamento. Il valore dipende dallo stipendio, più alta la retribuzione maggiore sarà il suddetto valore. Uno stipendio basso, dunque, potrebbe influire negativamente sul peso della contribuzione ai fini pensionistici.
Le 52 settimane, dunque, potrebbero non essere sufficienti per raggiungere l’anno di contribuzione. Lo stesso dicasi per il nostro lettore che lavorando per 36 settimane vede mancare quindici settimane per arrivare a 52. Servirebbero realmente queste due settimane mancanti? Questa è la prima domanda a cui dovrà dare risposta. Poi dovrà verificare di possedere i requisiti per poter versare i contributi volontari volendo recuperare il vuoto contributivo.
Se ad oggi il lavoratore risulta senza lavoro per perfezionare i requisiti di contribuzione e assicurazione potrebbe procedere con i versamenti volontari ma solamente se – ribadiamo nuovamente – soddisfa le condizioni citate in precedenza.