I lavoratori possono chiedere il riscatto dei contributi non versati dal datore di lavoro, con efficacia retroattiva.
In alcuni casi, il datore di lavoro può aver omesso di versare i contributi previdenziali per un determinato periodo lavorativo.
Tale mancanza, purtroppo, potrebbe avere delle conseguenze disastrose per il lavoratore. Una volta raggiunta l’età pensionabile, rischierebbe di non avere il requisito contributivo per accedere alla prestazione.
Per cercare di limitare i danni, l’art. 13 della Legge 1338/1962 ha previsto la cd. costituzione della rendita vitalizia. Si tratta di un meccanismo attraverso il quale il datore di lavoro (o il lavoratore) può riscattare i contributi previdenziali omessi e prescritti. Vediamo, dunque, i requisiti e le modalità di calcolo della rendita.
Riscatto contributi non versati: vantaggi
In Redazione è giunto tale quesito:
“Buongiorno, come posso ottenere dall’INPS la possibilità di riscattare a pagamento 5 anni di contribuzione dal 1978 al 1984 (sono nato nel 1964)? Ho prestato continuativamente attività lavorativa nell’azienda agricola di mio nonno (deceduto), in qualità di familiare. Cosa posso fare? Grazie mille.”
Il riscatto può, innanzitutto, riguardare solo la contribuzione omessa e prescritta, cioè quella pari o superiore a 5 anni dalla nascita dell’obbligo previdenziale per il datore.
Per i periodi inferiori, infatti, opera il principio di automaticità delle prestazioni, in virtù del quale il versamento dei contributi è assicurato automaticamente dall’INPS che, poi, si rivarrà sul datore di lavoro inadempiente.
Quello del riscatto uno strumento molto utile perché i versamenti sono computati sia per la raggiungimento del diritto della pensione sia per la misura delle prestazioni dell’Assicurazione Generale Obbligatoria.
Riscatto contributi: a chi spetta?
La facoltà di riscatto può essere esercitata dal datore di lavoro oppure dal lavoratore. In generale, spetta solo ai lavoratori dipendenti iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria; sono esclusi, dunque, i lavoratori autonomi, perché è su di essi che grava l’obbligo contributivo.
Al riguardo, tuttavia, sono intervenute una serie di sentenze della Corte Costituzionale, che hanno esteso anche ad alcune categorie di lavoratori autonomi la possibilità di riscattare i periodi contributi omessi e prescritti. In particolare, la sentenza n. 568/1989 ha riconosciuto la facoltà ai familiari coadiuvanti e coadiutori dell’imprenditore artigiano o commerciale, a patto che dimostrino, con idonea documentazione, il reale svolgimento di un’attività lavorativa.
La Circolare INPS 32/2002 ha, poi, ampliato la tutela ai coltivatori diretti, coloni e mezzadri. In questa categoria dovrebbe rientrare il nostro Lettore. Allo stesso modo, possono essere autorizzati al riscatto i collaboratori aderenti alla Gestione separata INPS che non sono obbligati al versamento diretto della contribuzione, come i collaboratori coordinati, a progetto oppure occasionali (in base a quanto stabilito dalla Circolare INPS 101/2010).
Per i dipendenti pubblici, sia l’INPS sia il Ministero del Lavoro, hanno chiarito che i vuoti contributivi rimangono a carico delle Amministrazioni.
L’obbligo di provare il rapporto di lavoro
Una questione molto spinosa è quella relativa alle prove da presentare per essere autorizzati al riscatto dei contributi non versati e prescritti. L’art. 13 della Legge 1338/1962, infatti, stabilisce che il rapporto di lavoro deve essere provato da documentazione di data certa, accertante l’effettiva esistenza e la durata dell’attività lavorativa, oltre che l’ammontare della retribuzione percepita.
Tale norma, però, è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta, con la sentenza n. 568/1989, nella parte in cui non permetteva di provare in un modo alternativo la durata del rapporto di lavoro e l’ammontare della retribuzione. Attualmente, dunque, l’obbligo della prova scritta sussiste solo per dimostrare l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato; la durata dello stesso e la relativa retribuzione, invece, possono essere provati con ogni altro mezzo.
In relazione ai costi per riscattare i periodi contributivi, per le anzianità che ricadono nel sistema retributivo, la somma è determinata in base alla cd. riserva matematica. Per i periodi che ricadono nel sistema contributivo, invece, l’importo è calcolato con la tecnica del Dlgs 184/1997, applicando l’aliquota contributiva obbligatoria al momento di presentazione della richiesta, per la Gestione pensionistica di appartenenza.
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Conclusioni
Se il nostro Lettore possiede i requisiti appena specificati, può essere autorizzato al riscatto. La procedura, però, riguarda esclusivamente i periodi contributivi omessi dal datore di lavoro.
Se, invece, il Lettore pensa che la contribuzione sia stata versata ma non risulta accreditata, non può ricorrere al riscatto. In tal caso, infatti, deve richiedere all’INPS la regolarizzazione della posizione previdenziale, allegando i documenti (libretto di lavoro, buste paga, tessera assicurativa) dai quali risulta l’esistenza del rapporto lavorativo nel periodo considerato.
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