Contributi non versati dal datore di lavoro, si rischia la pensione se non si effettua questa comunicazione

Recuperare i contributi non versati dal datore di lavoro all’INPS è possibile considerando la possibilità di incorrere in diverse problematiche.

Oltre il danno la beffa, il datore di lavoro non versa i contributi come dovrebbe e ad andarci di mezzo è il dipendente.

contributi non versati dal datore di lavoro
InformazioneOggi.it

I contributi sono somme di denaro versate dal datore di lavoro e dal lavoratore indispensabili per accedere alla pensione. Tutte le forme pensionistiche, infatti, richiedono la soddisfazione di un requisito contributivo per lasciare il lavoro.

  • Venti anni per la pensione di vecchiaia,
  • 41 anni per la pensione per precoci,
  • 42 anni e dieci mesi se uomini e 41 anni e dieci mesi se donne per la pensione anticipata ordinaria,
  • 35 anni per Opzione Donna,
  • 30/36 anni per l’APE Sociale,
  • 41 anni per Quota 103,
  • 5 anni per la pensione di vecchiaia raggiunta a 71 anni.

Si nota subito come per alcuni scivoli il numero di anni di contribuzione richiesto sia molto alto. Perdere alcuni di questi contributi, dunque, potrebbe dover significare continuare a lavorare quando si vorrebbe, invece, solamente godere il meritato riposo.

Un lettore chiede “Ho in mano le buste paga e il Libretto del lavoro degli anni 1976/1977 a conferma del mio periodo lavorativo. Non sono stati versati i contributi, posso inserirli pagando io?“.

Contributi non versati, come si recuperano

I contributi dei lavoratori dipendenti vengono versati dal datore di lavoro mentre i lavoratori autonomi agiscono autonomamente ogni anno. Cosa fare nel momento in cui l’azienda non versa come d’obbligo la contribuzione spettante?

Innanzitutto è bene sottolineare come il datore sia sanzionabile dalla Legge. Nonostante l’artefice dell’errore sia l’azienda, però, i danni li paga il cittadino che si ritrova con anni di contributi in meno al termine della carriera lavorativa. Ecco perché è consigliabile verificare periodicamente il corretto versamento mensile dei contributi. Oggi siamo fortunati, il controllo può essere svolto comodamente da casa accedendo al portale dell’INPS. La sezione di riferimento è “Estratto conto contributivo” e vi si accede unicamente tramite credenziali digitali (SPID, Carta di Identità Elettronica o Carta Nazionale dei Servizi).

Contributi non versati, le conseguenze per il datore di lavoro

L’azienda che non versa la contribuzione dovuta al dipendente diventa evasore contributivo. Ricordiamo che i contributi obbligatori annuali corrispondono al 33% della retribuzione del lavoratori sulla base, naturalmente, delle giornate di lavoro effettivamente svolte. Chi non ottempera all’obbligo incorrerà in sanzioni economiche. 

Come deve agire il dipendente

Una volta accertata la mancanza, il dipendente dovrà chiedere all’azienda il versamento dei contributi mancanti. Qualora la richiesta non fosse accontentata allora sarà bene rivolgersi all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale per denunciare l’accaduto.

L’ente provvederà, così, ad accertare l’evento e recuperare gli importi entro dieci anni dalla data effettiva del versamento aggiungendo la richiesta di risarcimento danni. Per le inadempienze relative ad un periodo superiore ai cinque anni vige la prescrizione e purtroppo per il lettore i termini sono scaduti molti anni fa. Ecco perché ipotizza la soluzione di un pagamento per recuperare i contributi mancanti.

Riscatto dei contributi dopo la prescrizione

Il dipendente procedendo alla denuncia entro il termine di prescrizione di cinque anni potrà ottenere che l’INPS proceda con il recupero della somme entro dieci anni dall’omissione. Superando questo termine, invece, l’INPS non potrà agire nei confronti del datore di lavoro per richiedere il debito contributivo.

Il lavoratore, però, ha la possibilità di procedere con il riscatto tramite costituzione di Rendita Vitalizia. Parliamo di un istituto che vale per la pensione di vecchiaia, di invalidità e per i superstiti (pensione di reversibilità). Il riscatto è legato alla presentazione della documentazione attestante

  • l’esistenza del rapporto di lavoro,
  • la durata dell’attività lavorativa con l’azienda che non ha versato i contributi,
  • l’ammontare della retribuzione corrisposta.

Il lettore essendo in possesso delle buste paga e del Libretto di lavoro dovrebbe avere le carte in regola per ottenere la Rendita Vitalizia.

Cos’è la Rendita Vitalizia

La Rendita Vitalizia può colmare un’omissione contributiva da parte del datore di lavoro qualora si siano superati i termini della prescrizione. La buona notizia per il lettore è che con riferimento alla domanda di rendita vitalizia non esiste alcun termine di prescrizione. Il lavoratore può avanzare richiesta in qualsiasi momento. Non solo, l’istanza potrà essere inoltrata

  • dall’azienda che intende regolarizzare la posizione,
  • dagli eredi del dipendente,
  • dai familiari coadiuvanti e coadiutori dei titolari di imprese artigiane e commerciali,
  • dai collaboratori del nucleo diretto coltivatore,
  • da coloro soggetti al Regime di assicurazione obbligatoria nella Gestione Separata non obbligati al versamento della contribuzione essendo la propria quota trattenuta dal committente e da questo versata.

Destinatario della domanda l’INPS. Concludiamo sottolineando come il riscatto possa essere richiesto sia in caso di omissioni totali che parziali a condizione che il dipendente possa provare il rapporto di lavoro e l’ammontare della retribuzione.

Se hai dubbi o vuoi porre una domanda di carattere previdenziale, fiscale e legge 104, invia qui il tuo quesito.

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