Per calcolare il TFR – Trattamento di Fine Rapporto – occorre sempre tener conto dell’importo lordo così come avviene per le retribuzioni.
La presenza di un decreto ingiuntivo nei confronti del datore non cambia le direttive. Il calcolo dovrà avvenire al lordo.
La Corte di Cassazione Sezione Lavoro si è espressa in merito ad una questione di prestazioni previdenziali a carico del Fondo di Garanzia INPS. Questione inerente il riconoscimento di un titolo di credito da parte del lavoratore nei confronti del datore per somme nette. Nonostante il decreto ingiuntivo, l’intervento del Fondo sarà commisurato sulla somma lorda dovuta. Vale sia per il calcolo dei crediti per le retribuzioni che per il TFR.
Un breve accenno al Trattamento di Fine Rapporto. Parliamo della prestazione economica spettante al lavoratore al termine di un rapporto di lavoro (per licenziamento, dimissioni, raggiungimento dell’età pensionabili). Il TFR è una somma di denaro, un compenso posticipato calcolato per quote annuali con riferimento, naturalmente, agli anni di lavoro effettuati. Per quantificare il Trattamento occorrerà attendere la cessazione del rapporto e poi eseguire un calcolo apparentemente semplice. Sommare la retribuzione annua e dividerla per 13,5 per poi aggiornare il montante con l’indice di rivalutazione (75% dell’inflazione più un 1,5% fisso).
Chiusa la parentesi, approfondiamo la sentenza della Corte di Cassazione in merito al titolo di credito per somme nette e il calcolo lordo.
Calcolare il TFR, la vicenda da approfondire
La vicenda ha come protagonista un lavoratore che aveva convenuto in giudizio l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale in quanto gestore del Fondo di Garanzia al fine di ottenere il pagamento del TFR maturato. L’ente di previdenza sociale aveva erogato una somma differente da quella preventivata dal lavoratore.
Questo perché l’INPS aveva detratto la quota dovuta al Fisco come sostituto d’imposta presupponendo che l’importo dovuto dal Fondo di Garanzia non avrebbe mai superato quello portato dal titolo esecutivo e agito in executivis dal lavoratore.
La sentenza
Con una sentenza di primo grado l’INPS è stato condannato a pagare la differenza tra
- la somma calcolata al netto presente sulla diffida accertativa che era stata emessa dalla Direzione territoriale verso la datrice di lavoro e
- le somme corrisposte a titolo INPS con trattenute d’imposta.
Di conseguenza, dato che il lavoratore aveva ottenuto tale titolo per un importo totale netto per il Trattamento di Fine Rapporto, il giudice di merito ha optato per la liquidazione delle spettanze giustificando la decisione in questo modo. Le somme di cui al titolo esecutivo sono state considerate come lorde, la trattenuta fiscale è stata effettuata sulle stesse somme e di conseguenza l’intervento del Fondo di Garanzia avrebbe dovuto riguardare le somme lorde.
L’INPS non ha accettato tale verdetto per due motivi.
La decisione finale sul TFR della Suprema Corte
La Suprema Corte ha provveduto ad esaminare le ragioni dell’INPS per arrivare ad una decisione finale. Il ricorrente fonda la sua tesi sulla circostanza secondo la quale l’intervento del Fondo di Garanzia non possa eccedere le somme indicate nel titolo esecutivo. Significa che non avrebbe carattere di rilevanza il fatto che l’importo lordo risulti nella busta paga del lavoratore.
Si riconduce, poi, al principio secondo il quale le spettanze del lavoratore maturano al lordo perché il meccanismo delle ritenute fa riferimento ad un momento successivo all’accertamento e alla liquidazione delle spettanze retributive. Inoltre, si crea un collegamento con il distinto rapporto d’imposta sul quale il Giudice non ha diritto di interferenza.
La Giurisprudenza, infatti, in materia di legittimità prevede che l’accertamento e la liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore vengano effettuati al lordo delle ritenute fiscali dato che il meccanismo di determinazioni di queste stesse ritenute concernono una fase successiva al suddetto accertamento nonché della liquidazione delle spettanze retribuite. Ciò si ricollega al rapporto d’imposta con il quale il datore di lavoro mette in atto le ritenute solo nel momento di pagamento finale. Il discorso vale anche per il TFR.
Altre considerazioni della Cassazione
La Cassazione è giunta ad altre conclusioni rilevando che l’obbligazione di pagamento del Trattamento di Fine Rapporto a carico del Fondo di Garanzia ha una natura previdenziale e differisce dall’obbligazione di pagamento del TFR a carico del datore di lavoro. Quest’ultima, infatti, ha natura retributiva. Non solo, è l’INPS come sostituto d’imposta ad operare le trattenute.
Qualora il datore di lavoro risultasse insolvente, il lavoratore potrebbe vantare il diritto di ottenere dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale l’erogazione del Trattamento a carico della speciale fondo secondo quanto stabilito dalla Legge numero 297 del 29 maggio 1982 (articolo 2). Parliamo di un diritto di credito con riferimento ad una prestazione previdenziale e, dunque, differente e autonomo rispetto al credito che il lavoratore vanta verso il datore di lavoro.
Verso la conclusione
La Cassazione continua constatando che il Fondo liquida l’obbligazione operando come sostituto di imposta trattenendo le somme dovute per le imposte a condizione che tale procedura non sia stata già operata in sede di ammissione al passivo fallimentare.
La vicenda oggetto di approfondimento ha visto il lavoratore ottenere il titolo esecutivo per somme nette. Significa che l’intervento del Fondo dovrà essere commisurato alla somma lorda dovuta che ha visto venire meno le garanzie e non alle sole somme del titolo esecutivo.
In conclusione, quindi, la prestazione previdenziale da versare all’INPS andrà sempre riferita alle somme lorde spettanti al lavoratore. Questo seppure il titolo di riferimento dell’intervento dovesse contenere somme nette. Il ricorso, per le conclusioni avanzate, è stato rigettato dalla Cassazione.