Dopo la cessazione del rapporto professionale, il lavoratore potrebbe decedere. In questo caso, cosa succede al TFR spettante?
Il TFR non rientra tra il patrimonio ereditario del lavoratore e, dunque, ad esso si applicano regole differenti in caso di successione.
Mentre gli altri crediti fanno parte della totalità del patrimonio e vengono suddivisi tra i vari eredi in base alle quote spettanti, il TFR, invece, ha sorti indipendenti. Per questo motivo, il lavoratore, attraverso il testamento, non può destinare autonomamente tutto il TFR solo a chi desidera.
Vediamo, dunque, cosa stabilisce la normativa e cosa accade al Trattamento di Fine Rapporto alla morte del titolare.
Quali eredi del lavoratore possono beneficiare del TFR?
In caso di decesso del lavoratore destinatario del TFR, l’art. 2122 del codice civile stabilisce che il datore di lavoro è obbligato a riconoscere l’importo ai seguenti soggetti: il coniuge, i figli, i parenti entro il 3° grado conviventi e a carico del defunto e gli affini entro il 2° grado conviventi e a carico.
Se mancano tali soggetti, tuttavia, la liquidazione va distribuita sulla base della successione legittima o del testamento. È questa, dunque, l’unica ipotesi eccezionale in cui il lavoratore può scegliere a chi destinare la sua buonuscita, ripartendo le quote di ciascun beneficiario.
In assenza di testamento, invece, l’assegnazione del Trattamento di Fine Rapporto segue le regole della successione legittima (che include i parenti fino al 6° grado).
Nell’ipotesi in cui, inoltre, i beneficiari non siano d’accorso con la suddivisione delle varie quote ereditarie, sarà il giudice a stabilire la cifra spettante a ciascuno di essi.
A tal fine, è necessario sottolineare che ogni tipo di patto relativo all’assegnazione del TFR, stipulato dal lavoratore prima della sua morte, è da considerarsi nullo, dunque, privo di effetti legali.
Gli adempimenti per non perdere il diritto sulle quote spettanti
Possono avere pretese sul TFR anche i creditori del defunto, se legittimati. Tale principio non è espressamente contenuto nel codice civile, ma costituisce un consolidato orientamento della Corte di Cassazione.
Rientra tra i beneficiari della liquidazione, infine, anche l’ex coniuge divorziato e non risposato. In particolare, ha diritto al 40% del Trattamento di Fine Rapporto, relativamente agli anni in cui è durato il matrimonio.
Tutti i soggetti beneficiari (per legge o per testamento) di una quota del TFR del lavoratore defunto possono richiederla al datore di lavoro. A tal fine, bisogna presentare apposita domanda, tramite raccomandata A/R oppure tramite PEC.
Alla richiesta, inoltre, va allegata la seguente documentazione:
- dati anagrafici del lavoratore, tra cui il codice fiscale e l’ultima residenza;
- data del decesso e certificato di morte;
- grado di parentela con il lavoratore;
- coordinate per ricevere il pagamento;
- documenti di identità dei beneficiari;
- stato di famiglia del lavoratore deceduto;
- atto notorio che attesta la convivenza dei parenti e degli affini beneficiari;
- copia del testamento oppure atto notorio di successione;
- autorizzazione del giudice cautelare, nel caso di beneficiari minorenni;
- busta paga o ultima Certificazione Unica del lavoratore defunto.
Sottolineiamo, infine, che, proprio perché al TFR non si applicano le norme ordinarie in materia di successione, il datore di lavoro non può colmare l’importo spettante con ulteriori crediti, tranne nel caso di anticipo del TRF riconosciuto al lavoratore defunto.