Le pensioni anticipate consentono di lasciare il lavoro prima dei 67 anni di età ma ad alcune condizioni e accettando alcune limitazioni.
La scelta di lasciare il mondo del lavoro prima della pensione di vecchiaia deve essere valutata attentamente.
Le forme di pensionamento in Italia sono numerose ma poco flessibili e la maggior parte riservate a pochi lavoratori. Come scivoli strutturali troviamo unicamente la pensione di vecchiaia (67 anni di età), la pensione anticipata ordinaria (41 anni e dieci mesi di contributi per le donne e 42 anni e dieci mesi per gli uomini) e la pensione per i precoci (41 anni di contributi uno dei quali maturato prima dei 19 anni).
Poi ci sono altri scivoli riservati a pochi lavoratori che permettono l’uscita a 58, 62 o 63 anni (anche 64 con la pensione contributiva) che prevedono tagli dell’assegno e altre penalizzazioni. Approfondiamo questo aspetto delle pensioni anticipate.
Pensioni anticipate, tra tagli e penalizzazioni dove sta la convenienza?
Tanti lavoratori fanno fatica a pensare di andare in pensione a 67 anni. Il loro desiderio sarebbe quello di arrivare al pensionamento passati da poco i 60 anni ma per soddisfarlo dovranno necessariamente accettare alcune rinunce. Se si decide di non attendere le pensioni ordinarie, infatti, si andrà incontro a penalizzazioni anche molto pesanti.
Si parla principalmente di tagli sull’assegno pensionistico. In alcuni casi solo fino al momento della maturazione dei requisiti della pensione di vecchiaia (come ad esempio con l’APE Sociale) ma in generale l’assegno sarà sempre più basso optando per l’uscita anticipata dato che si verseranno meno anni di contributi. Il sistema previdenziale italiano infatti prevede che ogni anno di contributi maturati fa aumentare la pensione.
Specialmente nel sistema di calcolo contributivo puro il numero di contributi versati rappresenta un elemento chiave nel conteggio finale. Se consideriamo, poi, che nel conteggio interverrà anche il coefficiente di trasformazione legato all’età anagrafica del lavoratore si capisce come l’anticipo sia deleterio per l’assegno pensionistico.
Aggiungiamo, inoltre, che alcuni scivoli prevedono obbligatoriamente l’accettazione di condizioni sfavorevoli. Opzione Donna, ad esempio, concede il pensionamento accettando il sistema di calcolo contributivo. Significa che anche le lavoratrici che hanno iniziato a lavorare prima del 1996 e che dunque rientrerebbero nel sistema misto (più vantaggioso specialmente se si hanno più anni maturati entro il 31 dicembre 1995 rispetto a quelli successivi) vedranno conteggiare la pensione con il sistema contributivo. Si rischia di perdere dal 10 al 30% dell’importo.
Concludiamo con Quota 103. La misura nata nell’anno in corso prevede il pensionamento a 62 anni di età con 41 anni di contributi. Pone due grandi limiti. La pensione percepita non potrà superare le cinque volte il trattamento minimo (essendo nel 2023 pari a 567,94 euro il limite massimo sarà di 2.839,70 euro lordi). Solo dopo i 67 anni verrebbe effettuato il ricalcolo e dunque si prenderebbero i soldi spettanti.
Il secondo limite è l’impossibilità di lavorare sia come dipendente che come autonomo (a meno che non si rimanga sotto i 5 mila euro di reddito extra all’anno) fino al compimento dei 67 anni. Bisognerebbe accontentarsi dell’assegno erogato senza possibilità di grandi incrementi.