Email indesiderate: è possibile ottenere un risarcimento? La decisione dei giudici lascia senza parole

Un’importante sentenza della Corte di Cassazione è intervenuta sull’annoso problema della violazione della privacy con le email spam.

Chiunque abbia un indirizzo di posta elettronica attivo deve quotidianamente fare i conti con la ricezione di email pubblicitarie, che molto spesso violano la propria privacy.

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La Corte di Cassazione ha specificato cosa fare in caso si ricevano email spam – InformazioneOggi.it

Le email indesiderate possono essere davvero fastidiose, tanto da indurre i destinati a cancellare l’account e crearne uno nuovo, non ancora noto ai cd. spammer.

Ma cosa si può fare quando la pubblicità è così insistente da arrecare un danno? Esistono validi mezzi di tutela?Vediamo cosa stabilisce la legge al riguardo.

Risarcimento del danno morale per ricezione di email molestie: è consentito dalla normativa?

Si può richiedere il risarcimento nel caso di violazione della propria privacy da email spam?

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La violazione della privacy non basta per accertare il danno non patrimoniale – InformazioneOggi.it

La tematica relativa al risarcimento del danno non patrimoniale è stata oggetto di due fondamentali sentenze della Corte di Cassazione del 2008. Si tratta delle cd. sentenze gemelle, n. 8827 e 8828 del 31 maggio 2008.

Con tali decisioni, i Giudici, tra le altre cose, hanno evidenziato che i “piccoli fastidi della vita quotidiana“, ossia quelli che non comportano un’apprezzabile sofferenza, non autorizzano il risarcimento del danno morale.

Di conseguenza, ricevere qualche email pubblicitaria, anche se non autorizzata, non comporta alcuna conseguenza giuridicamente apprezzabile.

Anche se si dovesse essere sommersi da spam, non si potrà mai richiedere il risarcimento ad un singolo mittente. Quest’ultimo, infatti, potrebbe al massimo rispondere per la sua email indesiderata, ma non per tutte.

Per questo motivo, la facoltà di richiedere il risarcimento dei danni è da scartare.

Sulla specifica vicenda dello spam tramite email, la Corte di Cassazione si è espressa con la sentenza n. 3311 dell’8 febbraio 2017, con la quale è stato respinto il ricorso di un avvocato che aveva chiesto un risarcimento di 360 euro per aver ricevuto delle email non autorizzate al proprio indirizzo di posta elettronica.

Per i Giudici della Cassazione, la sola circostanza di essere destinatari di mail pubblicitarie che violano la privacy non rappresenta un’ipotesi di danno risarcibile.

Per quale motivo? Perché lo spam può essere facilmente cancellato dal computer. Si tratta, quindi, di una palese applicazione di un principio già ribadito in precedenza con le sentenza gemelle del 2008.

La violazione della privacy ad opera delle email indesiderate e non richieste, infatti, fa parte della categoria dei “piccoli fastidi della vita quotidiana” che sono irrilevanti per la legge.

Quando va risarcito il danno non patrimoniale?

La Corte di Cassazione ha specificato che, anche se il diritto alla protezione dei dati personali è tutelato dalla stessa Costituzione e dalle leggi sulla privacy, per accertare un danno non patrimoniale risarcibile è necessaria una valutazione della gravità della lesione e della serietà del danno.

La sola violazione della privacy non basta per beneficiare del risarcimento del danno non patrimoniale.

La Cassazione ha anche ricordato il principio di solidarietà contenuto nella Costituzione, per il quale bisogna contemperare il diritto alla privacy con il principio di tolleranza della lesione minima.

Questo, ovviamente, non significa che l’interessato non può presentare ricorso al Garante della Privacy, per irrogare al mittente dello spam una sanzione amministrativa.

Oltre al tema del risarcimento, la Cassazione si è occupata anche della questione della responsabilità processuale.

In particolare, i Giudici hanno accolto la richiesta da parte della Procura di condannare l’avvocato per uso abusivo dello strumento processuale.

Egli, infatti, aveva auspicato l’intervento della giustizia per un danno ipotetico e futile, consistente nella ricezione di 10 email pubblicitarie in 3 anni. Tale condotta, per la Cassazione, è abusiva e giustifica una sanzione pecuniaria.

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