Ai dipendenti disabili e ai caregivers che hanno la Legge 104 può essere imposto il trasferimento? Ecco cosa stabilisce la legge.
La Legge 104 del 1992 prevede una serie di benefici lavorativi per i disabili gravi e le persone che li assistono.
Possono, infatti, scegliere la sede di lavoro più vicina alla propria residenza o a quella del disabile e possono rifiutare il trasferimento in altra sede.
A tutelare i diritti dei lavoratori disabili c’è anche la Carta di Nizza e la Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006.
Ma quali sono gli specifici vantaggi riservati dalla normativa? Cosa può fare il datore di lavoro per conciliare il rispetto di questi diritti con le esigenze aziendali? Analizziamo la disciplina legislativa e scopriamolo.
È legittimo il trasferimento di un beneficiario di Legge 104? Cosa stabilisce la legge e il parere della giurisprudenza
Un principio fondamentale è quello secondo cui i lavoratori dipendenti che hanno la 104 o coloro che assistono un familiare disabile grave non possono essere trasferiti in una diversa sede di lavoro senza la loro volontà.
In altre parole, la decisione non può essere unilaterale, cioè provenire solo dal datore di lavoro, senza valutare le esigenze dei dipendenti.
Il trasferimento dei dipendenti portatori di handicap, portatori di handicap grave e dei familiari che li assistono può essere disposto solo per motivi tecnici, organizzativi e produttivi. Soltanto nel caso di specifiche ed urgenti necessità aziendali il trasferimento unilaterale è legittimo.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 25379 del 2016 ha stabilito un importantissimo principio.
I Giudici hanno chiarito che il trasferimento di un lavoratore affetto da disabilità o di un caregivers è vietato, indipendentemente dal grado di disabilità.
Non può, dunque, essere interrotto il rapporto di lavoro per motivi inerenti al rifiuto del cambio sede. In questi casi il licenziamento non è consentito.
Le agevolazioni lavorative con Legge 104 sono numerose
La Legge 104 prevede molte altre agevolazioni, oltre al diritto di rifiutare il trasferimento e la scelta della sede lavorativa più vicina alla propria residenza o a quella del disabile da accudire.
In particolare, con una percentuale di invalidità del 46% oppure una maggiore del 34% accertata dall’INAIL, si può usufruire del collocamento mirato.
L’invalidità al 50%, invece da diritto al congedo per cure e, per i lavoratori dipendenti che prestano assistenza al coniuge, al figlio o a un parente disabile grave, al congedo straordinario biennale.
Nel caso di riconoscimento dell’art. 3, comma 3, della Legge 104, oltre al rifiuto ad essere trasferiti si è anche esonerati dai turni di notte.
Chi ha ottenuto il riconoscimento di un’invalidità uguale o maggiore del 74% ha a disposizione ben 3 strumenti di pensione anticipata e cioè:
- Quota 41 per lavoratori precoci, con 41 anni di contribuzione e almeno un contributo accreditato prima del diciannovesimo anno di età;
- l’Ape Sociale, accessibile con 63 anni di età e almeno 30 anni di contributi;
- Opzione Donna, riservata a coloro che hanno 60 anni di età (59 se hanno un figlio o 58 se hanno 2 o più figli) e 35 anni di contribuzione.
Infine, la riduzione della capacità lavorativa pari almeno al 74% da diritto al riconoscimento di 2 mesi di contribuzione figurativa per ciascun anno di lavoro svolto, fino ad un massimo di 5 anni.