Il pignoramento può riguardare non solo lo stipendio o la pensione ma anche il TFR: Ecco come funziona e quali sono i limiti.
Si intende per pignoramento l’atto con cui un creditore procede all’espropriazione forzata di uno o più bene mobili, immobili o somme di denaro. In quest’ultimo caso, come detto in precedenza, sono inclusi stipendio, pensione e liquidazione, quindi il TFR.
Il TFR, ovvero Trattamento di fine rapporto, è la liquidazione che spetta a tutti i lavoratori dipendenti. È obbligatoria e sarà erogata quando si conclude un contratto di lavoro, a prescindere se si tratta di dimissioni, licenziamento o pensionamento.
L’importo può essere versato interamente oppure in un fondo previdenziale; la scelta dipende dal lavoratore. Non tutti sanno che in caso i debiti oltre allo stipendio o alla pensione anche il TFR può essere pignorato. Disciplina tutta la materia del TFR l’articolo 2010 del Codice civile, anche se esistono delle regole e dei limiti che dovranno essere rispettati.
TFR: il pignoramento segue regole e limiti ben precisi
A stabilire che il trattamento di fine rapporto è pignorabile è la Corte di Cassazione con la sentenza numero 19708 del 2018. Infatti, secondo i giudici ciò è possibile perché il TFR è un credito certo erogato al termine del lavoro. Quindi, come tale le somme accantonate e disponibili possono essere pignorate. Secondo l’articolo 474 del Codice di procedura civile il pignoramento del TFR avviene tramite titolo esecutivo, ossia, sentenza, decreto ingiuntivo, cartella esattoriale dell’Agenzia delle Entrate, assegni o cambiali.
Superato il termine di scadenza senza che il debitore abbia saldato il debito si apre il procedimento di riscossione presso terzi. Ciò significa che il creditore per ottenere quello che gli spetta si rivolgerà direttamente al datore del lavoro e non al lavoratore debitore.
Secondo la normativa può essere pignorato solo il 20% dell’importo del TFR, ossia il cosiddetto “un quinto”; il resto della somma dovrà essere versata al lavoratore. Invece, l’articolo 545 del Codice di procedura civile stabilisce i limiti del pignoramento. Due le opzioni: se la liquidazione è trattenuta dal datore di lavoro oppure se è già versata sul conto corrente del dipendente.
Nel primo caso, la parte che spetta al creditore sarà versata dal datore di lavoro dopo il rilascio della dichiarazione, dell’ordine di assegnazione delle somme da parte del Tribunale e della cessazione del rapporto di lavoro del dipendente debitore. Il creditore però potrebbe aspettare che la liquidazione sia versata interamente sul conto corrente del lavoratore e pretenderla interamente.
Liquidazione già sul conto corrente: ecco come funziona
Invece, nel secondo caso si considera quando è stata versata la liquidazione, ossia se prima o dopo il pignoramento. Se prima del pignoramento, il creditore potrà richiedere solo le somme che eccedono il triplo dell’assegno sociale. Attualmente è pari a 503,27 euro e, quindi, potranno essere pignorate solo gli importi superiori a 1.509,81 euro.
Invece, se l’accredito del TFR è arrivato dopo il pignoramento la situazione è più complicata. Infatti, in questo caso il pignoramento dipende dalla tipologia di credito:
- “alimentare”, la somma è quella indicata dal tribunale;
- di un quinto, per i tributi dovuti allo Stato, Comuni e province;
- del 50%, se presenti altri pignoramenti.