Per la determinazione dell’ammontare del TFR è fondamentale il coefficiente di rivalutazione. Cosa indica questo elemento e a cosa serve?
Il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) è previsto dall’art. 2120 del codice civile, che lo definisce come la somma spettante al lavoratore subordinato in caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Si tratta di una misura retributiva che ha valore differito e previdenziale, perché ha lo scopo di garantire al lavoratore un sussidio economico al momento della fine dell’attività professionale. Ha funzione previdenziale perché, ora, è possibile trasferire il Trattamento di Fine Rapporto nei Fondi pensione, come integrazione alla pensione pubblica.
Ma quali sono gli elementi che concorrono alla formazione del TFR? Analizziamo la normativa e scopriamolo.
TFR e rivalutazione: come si calcola la cifra finale?
La cifra spettante deriva dalla somma di ciascun anno di servizio con una quota pari e non superiore alla retribuzione annua dovuta, divisa per 13,5.
Tale importo va, poi, rivalutato ogni anno, sulla base di un coefficiente di rivalutazione, formato da un tasso fisso dell’1,5% e da uno variabile del 75% determinato dall’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, riscontrato dall’ISTAT nel dicembre dell’anno antecedente. In altre parole, più aumenta il costo della vita, più aumenta la componente variabile.
L’applicazione del coefficiente di rivalutazione ha un ruolo molto importante, perché evita che il Trattamento di Fine Rapporto sia svalutato e, allo stesso tempo, lo adatta al costo della vita.
Facciamo un esempio. Tizio ha percepito una retribuzione annua di 24.300 euro, per un rapporto di lavoro di un anno (dal 1° gennaio al 31 dicembre). L’aumento dell’indice ISTAT dei prezzi, riferito all’anno precedente, è dell’1%.
Di conseguenza, il TFR sarà determinato da:
- una quota annuale: 24.300 : 13,5 = 1.800 euro;
- rivalutazione: 1.800 euro moltiplicati per 2,25% [1,5% + 0,75% (1% x 75%)] = 40,50 euro.
Da questo deriva un accantonamento complessivo di 1.840,50 euro (1.800 + 40,50). Da tale importo, infine, bisogna sottrarre il contributo INPS dello 0,50%, per un totale lordo di 1.831,2975 euro [1840,50 – 0,50% (9,2025)].
Ricordiamo, infine, che il coefficiente di rivalutazione per il mese di luglio 2023 è pari a 1,192259, mentre l’indice dei prezzi al consumo reso noto dall’ISTAT per luglio è uguale e 118,7.
Anticipo del Trattamento di Fine Rapporto: quando è possibile?
I lavoratori che svolgono servizio da almeno 8 anni presso lo stesso datore di lavoro possono chiedere, quando il rapporto di lavoro è ancora in essere, un anticipo del TFR, pari a massimo il 70% del suo ammontare.
La richiesta, tuttavia, è consentita solo quando il lavoratore deve:
- affrontare spese sanitarie straordinarie, per terapie o interventi;
- acquistare la prima casa di abitazione per se stesso o per i figli;
- sostenere spese durante la fruizione del congedo parentale oppure per la sua formazione.
L’anticipo, inoltre, può essere concesso per una sola volta durante l’intera durata del rapporto di lavoro e viene detratto dalla somma finale, spettante al momento della cessazione dell’attività.
Segnaliamo, infine, che, nell’ipotesi di morte del lavoratore, l’art. 2122 del codice civile stabilisce che il Trattamento di Fine Rapporto che è stato maturato viene riconosciuto al coniuge e ai figli superstiti o, in mancanza, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado conviventi con il defunto. In questo caso, spetterà un’indennità sostitutiva o un’indennità mortis causa.