La pensione anticipata può essere ottenuta anche grazie all’ausilio del proprio datore di lavoro. Scopriamo in che modo e a quali condizioni.
L’attuale ordinamento previdenziale italiano consente di sfruttare molteplici strumenti per andare in pensione senza dover necessariamente attendere il compimento dei 67 anni di età.
Non tutti, però, sanno che è possibile smettere di lavorare in anticipo anche per mezzo di alcune misure predisposte dai datori di lavoro.
In queste ipotesi i vantaggi sono incredibili, perché si può ottenere l’uscita già a 60 o a 62 anni di età. Vediamo qual è la procedura prevista dalla legge.
Pensione anticipata grazie all’isopensione: chi può beneficiarne?
La normativa prevede due strumenti di concessione del prepensionamento al dipendente da parte del datore di lavoro e, cioè, l’isopensione e il contratto di espansione.
È possibile ricorrere a tali misure, tuttavia, solo se le aziende e i sindacati hanno stipulato determinati accordi.
L’isopensione è riservata ai datori di lavoro con più di 15 dipendenti ed è una soluzione alle ipotesi di esubero di personale, perché si favorisce l’interruzione dell’attività lavorativa per coloro che sono prossimi alla pensione.
In particolare, possono usufruirne i lavoratori ai quali mancano 7 anni per maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia o la pensione anticipata ordinaria, ossia i 67 anni di età oppure i 42 anni e 10 mesi di contribuzione. Si può, quindi, smettere di lavorare anche a 60 anni.
Il datore si fa carico della quota di pensione versata dall’INPS dalla data di decorrenza dell’isopensione e della contribuzione figurativa mancante per gli anni di anticipo.
Contratto di espansione: quali sono i vantaggi?
Simile alla procedura per l’isopensione è quella del contratto di espansione, ma prevede delle tempistiche per il prepensionamento più lunghe.
È rivolto ai datori con almeno 50 dipendenti, che hanno stipulato specifici accordi con i sindacati e con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Nel caso del contratto di espansione, però, vengono predisposti nuovi programmi di riorganizzazione del lavoro e nuove assunzioni.
Tali programmi sono diretti allo sviluppo tecnologico e, quindi, al reclutamento di nuovo personale qualificato. Allo stesso tempo, è possibile l’accesso alla pensione di alcuni dipendenti perché il contratto stabilisce che per ogni nuovo assunto debbano esserci 3 prepensionamenti.
L’anticipo in questo caso, però, non può essere superiore a 5 anni, per i lavoratori che devono maturare 67 anni di età per la pensione di vecchiaia o 42 anni e 10 mesi di contributi per quella anticipata ordinaria.
Di conseguenza, si può smettere di lavorare a 62 anni oppure con 37 anni e 10 mesi di contribuzione accreditata.
Affinché il contratto di espansione sia valido deve prevedere il numero dei dipendenti da assumere, le qualifiche professionali rientranti nel piano di riorganizzazione, il numero dei lavoratori che beneficiano del prepensionamento e l’eventuale riduzione dell’orario lavorativo.
Così come per l’isopensione, spetta all’azienda sostenere le spese per l’uscita anticipata dei propri dipendenti, pagando la prestazione erogata dall’INPS. Deve coprire, inoltre, il costo della contribuzione figurativa, per gli anni mancanti al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento.