I lavoratori che rinunciano alla pensione con Quota 103 subiscono una riduzione del montante contributivo individuale? L’INPS chiarisce la questione.
Quota 103 è lo strumento di anticipo pensionistico riservato ai dipendenti pubblici e privati che, entro il 31 dicembre 2022, hanno maturato 62 anni di età e 41 anni di contribuzione.
Per non gravare sulle finanze pubbliche e invogliare i lavoratori a proseguire la carriera professionale, il Governo ha introdotto un incentivo per coloro che hanno i requisiti per accedere a Quota 103 ma decidono di rinunciarvi.
In particolare, possono ottenere l’accredito in busta paga dell’ammontare relativo alla quota di contributi che, mensilmente, il datore trattiene per la pensione. Ricevono, dunque, una retribuzione più elevata ma a scapito del futuro assegno pensionistico.
Se, infatti, i lavoratori accettano l’incentivo, subiscono una riduzione del montante contributivo dal 33% al 23,81%
Incentivo sullo stipendio: a chi spetta?
Chi intende beneficiare dell’agevolazione deve inviare domanda all’INPS che, entro 30 giorni, provvederà al riconoscimento dell’incentivo.
A partire da tale data, il datore di lavoro inizierà ad accreditare la quota IVS non operando le trattenute ma riconoscendole al lavoratore in busta paga.
Come anticipato, coloro che decidono di usufruire del beneficio e di posticipare la pensione avranno una riduzione della quota contributiva della pensione.
Per tutta la durata della misura, l’aliquota di riferimento del montante contributivo scenderà dal 33% della retribuzione pensionabile al 23,81%.
Ad esempio, se si percepisce una busta paga di 30 mila euro lordi annui, per la pensione saranno accantonati 7.143 euro invece di 9.900 euro.
Tale regola, inoltre, va contemperata con il taglio del cuneo fiscale, per mezzo del quale i dipendenti con un reddito annuo non maggiore di 35 mila euro hanno diritto a una diminuzione sulla trattenuta del 3-2% fino al mese di giugno e del 7-6% da luglio a dicembre.
In quest’ipotesi, l’incentivo riguarda la parte residuale della quota di contribuzione del dipendente e, di conseguenza, l’impatto sarà meno forte sia sullo stipendio sia sulla pensione.
Non sono previste, inoltre, ripercussioni sulle quote retributive della pensione, cioè quelle relative all’anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995 (oppure fino al 31 dicembre 2011, se il lavoratore ha almeno 18 anni di contributi prima del 31 dicembre 1995).
In pratica, la retribuzione pensionabile non è soggetta ad alcun tipo di penalizzazione.
Fino a quando si ha diritto al beneficio?
Ricordiamo, infine, che l’incentivo corrisposto a coloro che decidono di posticipare la pensione si interrompe al ricorrere delle seguenti circostanze:
- viene raggiunta l’età pensionabile (attualmente, di 67 anni), indipendentemente dal fatto che il contribuente abbia presentato domanda di pensione o abbia interrotto il rapporto lavorativo;
- il dipendente percepisce una pensione diretta (diversa dall’Assegno Ordinario di Invalidità) da parte dell’INPS;
- il lavoratore decide autonomamente di revocare la fruizione dell’incentivo.