Gli eredi devono scegliere se accettare o meno il lascito. L’atto di accettazione può anche essere tacito, ma solo a determinate condizioni.
L’eredità necessita di un atto di accettazione, che può essere espresso o tacito.
L’accettazione espressa si ha tramite rilascio di una dichiarazione scritta da parte del possibile erede, nella quale si specifica la volontà di accettare l’eredità.
L’accettazione tacita, invece, consiste nel compimento di un comportamento, da parte del chiamato all’eredità, dal quale si evince la volontà si accettare. L’esempio più ricorrente è la vendita di un bene appartenente all’eredità, dalla quale viene ricavata un’implicita volontà all’accettazione.
Ci sono, tuttavia, degli atti che vengono compiuti dai chiamati dall’eredità ma che non comportano accettazione tacita.
In particolare, si tratta della dichiarazione di successione, cioè della comunicazione da inviare, entro un anno dal decesso, all’Agenzia delle Entrate per la liquidazione delle tasse sul patrimonio del defunto e della pubblicazione del testamento. Quest’ultimo, infatti, è un obbligo stabilito dalla legge e non esclude la possibilità di rinunciare, successivamente, all’eredità.
Accettazione tacita dell’eredità: gli atti ammessi dalla Cassazione
Quali sono i comportamenti qualificati dalla giurisprudenza come atti di accettazione tacita dell’eredità?
Senza dubbio, il prelievo dal conto corrente, effettuato sia al bancomat sia allo sportello. Il prelievo è accettazione tacita anche nel caso in cui sia avvenga per saldare i debiti del defunto. Al contrario, non lo è il pagamento del debito con il denaro dell’erede.
Anche la sottoscrizione di un contratto di locazione è accettazione tacita, mentre non lo è la riscossione dei canoni di locazione oppure la mancata comunicazione della disdetta (rappresenta, invece, la volontà di voler continuare il rapporto).
La giurisprudenza non considera accettazione tacita la partecipazione all’assemblea di condominio al solo scopo di segnalare il decesso del condomino. Lo è, invece, l’esercizio del diritto al voto.
Secondo la Cassazione, sono considerate accettazione tacita la riscossione di un assegno a nome del defunto e la cd. voltura catastale, cioè la modifica della titolarità di un immobile presso il Catasto. Tali atti, infatti, evidenzierebbero la volontà di impadronirsi del patrimonio del de cuius.
Sono, poi, accettazione tacita la costituzione in una causa cominciata dal defunto e proseguita, dopo la sua morte, dagli eredi e l’azione di riduzione per lesione della legittima, con la quale i legittimari riottengono la quota di patrimonio alla quale, per legge, hanno diritto.
La Cassazione ha, infine, specificato che non comporta accettazione tacita la firma di raccomandate destinate al defunto.
Se il de cuius era proprietario di beni immobili, è necessario che anche l’accettazione tacita venga sempre trascritta presso l’Ufficio dei Registri Immobiliari competente. A tal fine, dovrà essere usata la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.