Pensione non versata per inadempienza del patronato e rimedi azionabili dall’assistito. La Cassazione sul punto con l’ordinanza n. 34475.
I patronati sono degli enti di indubbia importanza nei rapporti tra cittadini ed istituzioni. Essi infatti offrono assistenza e consulenza ai cittadini in campo di lavoro, previdenza sociale e pensioni.
Di fatto ci si affida ai patronati per i servizi, anche gratuiti, in merito a pratiche legate all’ottenimento della pensione, dopo aver maturato i necessari requisiti. Con professionalità, i patronati danno consulenza e supporto nella compilazione dei moduli, e seguono per conto e nell’interesse del cittadino le procedure burocratiche con gli enti previdenziali.
Ecco perché se un patronato sbaglia e fa perdere le mensilità di pensione ad un assistito, è tenuto a risarcirgli il danno. Lo ha chiarito la Cassazione in un recente provvedimento. Vediamo più da vicino.
Pensione perduta per negligenza del patronato: la responsabilità è contrattuale
I patronati sono luoghi in cui il cittadino riceve risposte alle sue questioni anche di tipo previdenziale, da parte di impiegati debitamente formati. Conseguentemente tra gli stessi e i cittadini sussistono dei rapporti contrattuali – e la responsabilità nell’esercizio delle mansioni ha infatti natura contrattuale.
La Cassazione ha spiegato che, se un cittadino si affida ad uno di essi per inoltrare la domanda di pensione all’Inps, in caso di errore o negligenza nelle procedure di trasmissione all’istituto, che comporti la perdita della pensione o il ritardo nel versamento, può ottenere il risarcimento danni.
La Corte lo ha sintetizzato molto bene nell’ordinanza n. 34475 di quest’anno:
- il patronato è responsabile se un errore nell’esecuzione del mandato assegnatogli dall’assistito, produce un danno a quest’ultimo
- l’errore o la svista nell’iter di domanda di pensione comporta così una responsabilità contrattuale e dà diritto al risarcimento per le mensilità di pensione non versate dall’Inps.
Pensione perduta per errore: il fondamento della responsabilità del patronato è nel Codice Civile
L’art. 1176 del codice civile è alla base delle conclusioni della Cassazione. Infatti secondo questo testo tutte le volte in cui si sottoscrive o si accetta un contratto, la persona o l’ente che si obbliga a svolgere la prestazione, deve farlo secondo quella che viene chiamata la ‘diligenza del buon padre di famiglia’.
In particolare, il livello di diligenza imposto all’esecutore del lavoro è tanto maggiore, quanto più si tratta di un soggetto qualificato e operativo proprio nel settore in cui il cittadino chiede aiuto e consulenza. Nel caso del patronato, si tratta ovviamente del settore della previdenza e delle pensioni. Pertanto, se il patronato non compila la domanda di pensione con precisione e correttezza, sarà esposto inevitabilmente alla richiesta di risarcimento danni del cittadino che, però, in giudizio dovrà provare il pregiudizio patito.
Il cittadino dovrà dimostrare l’assenza di diligenza professionale nell’operato del patronato e il fatto che l’errore è stato determinante per il non ottenimento o l’ottenimento differito della pensione. Per questa via potrà conseguire il risarcimento che, di fatto, compenserà la pensione perduta.