I contribuenti possono conoscere in anticipo l’importo della pensione futura, in base allo stipendio netto percepito. Scopriamo tutti i dettagli del calcolo.
Uno dei dubbi più frequenti tra coloro che si avvicinano all’età pensionabile è scoprire a quanto ammonterà l’assegno spettante.
Grazie al servizio offerto dall’INPS “La mia pensione futura“, è possibile ottenere una simulazione molto realistica dell’importo. In alternativa, si può calcolare l’assegno prendendo in considerazione l’ultimo stipendio percepito e il numero di anni di contributi versati.
Supponiamo che un contribuente percepisca uno stipendio netto mensile di 2 mila euro. A quanto ammonterà la sua pensione? Per capirlo è necessario prendere in considerazione i vari sistemi di calcolo. Vediamo quali sono.
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Pensione: differenze tra calcolo retributivo e contributivo
Per conoscere la cifra della pensione futura, bisogna innanzitutto capire se il lavoratore ricade nel sistema retributivo o contributivo.
Il primo si applica nei casi in cui si hanno contributi prima del 1° gennaio 1996 oppure prima del 1° gennaio 2012 (per coloro che al 31 dicembre 1995 possedevano già 18 anni di contribuzione). Con tale meccanismo, la pensione si calcola sulla media degli ultimi stipendi percepiti e se ne prende il 2% (la cd. aliquota di rendimento) per ciascun anno.
Se, dunque, Tizio ha avuto una retribuzione media di 2 mila euro netti, per ogni anno di contributi spettano 800 euro. Di conseguenza, se possiede 10 anni di contribuzione avrà diritto a una pensione lorda annua di 8 mila euro.
A questo importo, poi, va aggiunta la quota eventualmente maturata nel sistema contributivo.
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Il sistema contributivo, invece, si applica ai lavoratori che hanno iniziato a versare contributi a partire dal 1° gennaio 1996. In tal caso, l’assegno pensionistico è determinato prendendo in considerazione il cd. montante contributivo (ossia la somma dei versamenti accreditati) e lo si moltiplica per il cd. coefficiente di trasformazione.
Tale parametro serve a tramutare gli anni di contributi in assegno pensionistico. Non ha un valore fisso, ma variabile a seconda dell’età in cui si accede alla pensione. Più tardi si smette di lavorare, più favorevole sarà il coefficiente.
Ad esempio, se Tizio ha un stipendio mensile netto di 2 mila euro, è necessario verificare quanti contributi ha versato nell’arco dell’intera carriera professionale. In particolare, va preso il 33% della retribuzione lorda annua, dunque, 13.200 euro.
Per capire l’importo della pensione, bisogna, poi, applicare il coefficiente di trasformazione relativo all’età di congedo. Se Tizio smette di lavorare a 67 anni, si applica il coefficiente del 5,72% e, quindi, per ogni anno di lavoro varrà circa 755 euro di pensione.
A tale quota, poi, va aggiunta quella eventualmente maturata nel sistema retributivo.