I superstiti di un pensionato defunto hanno diritto alla pensione di reversibilità, in relazione al proprio reddito. Quali sono i limiti da rispettare?
La pensione di reversibilità è una misura economica riconosciuta dall’INPS ai familiari superstiti di un titolare di assegno pensionistico defunto.
Ne hanno diritto il coniuge e i figli (minorenni, studenti fino a 21 anni o inabili al lavoro) e, in particolari ipotesi, i nipoti, i genitori e i fratelli o sorelle del soggetto deceduto.
È, però, necessaria la maturazione da parte del pensionato, prima della morte, di almeno 15 anni di assicurazione e contribuzione (o 780 contributi settimanali) oppure di 5 anni di assicurazione e contribuzione (o di 260 contributi settimanali), dei quali almeno 3 anni (o 156 contributi settimanali) nei 5 anni antecedenti la data del decesso.
L’ammontare della pensione di reversibilità varia a seconda di due importanti fattori: il grado di parentela con il defunto e il reddito percepito dai superstiti. La cifra spettante viene determinata, infatti, sulla base dei documenti che i beneficiari presentano insieme alla domanda per la prestazione, tra cui i redditi posseduti.
Scopriamo, dunque, a quanto ammonta la prestazione e quali sono le percentuali spettanti alle diverse categorie di familiari.
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Pensione di reversibilità: quando viene ridotta e a quanto ammonta il taglio?
La pensione di reversibilità viene accreditata a seconda delle soglie di reddito massimo stabilite per i beneficiari.
Al coniuge spetta il 60% della pensione percepita dal defunto, che aumenta all’80% in presenza di un figlio o al 100% in presenza di due o più figli. Ma possono esserci delle riduzioni, se si superano determinati limiti reddituali. Il taglio può andare dal 25% al 50%, ma sono assolutamente vietate le decurtazioni dalle quali deriva un importo della pensione più basso della stessa riduzione.
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Al pari delle altre prestazioni previdenziali, anche la reversibilità viene annualmente rivalutata. In particolare, per il 2024 il tasso di rivalutazione è pari al 5,4%. Nel dettaglio, operano i seguenti principi:
- nessun taglio per chi ha un reddito non superiore a 23.345,79 euro;
- taglio del 25% per chi ha un reddito compreso tra 23.345,79 e 31.127,72 euro;
- taglio del 40% per chi ha un reddito tra 31.127,72 e 38.909,65 euro;
- taglio del 50% per chi ha un reddito superiore a 38.909,65 euro.
La legge, poi, stabilisce di limiti di cumulabilità tra la pensione di reversibilità e i redditi da lavoro, ma solo nelle ipotesi in cui il superstite sia il coniuge solo, i genitori oppure i fratelli o le sorelle.
Non sussiste, invece, alcuna limitazione di cumulo per la pensione di reversibilità riconosciuta in favore dei figli (minorenni, studenti o inabili), anche nel caso in cui la prestazione spetti insieme al coniuge.