Preoccupano le indiscrezioni su una possibile riduzione della rivalutazione delle pensioni. Cosa c’è di vero nell’allarme lanciato dai sindacati?
Potrebbero esserci delle importantissime novità per quanto riguarda le pensioni dal prossimo anno, ma le notizie non sono confortanti per i contribuenti. Il Governo, infatti, sta pensando di apportare dei tagli agli assegni previdenziali, per ridurre la spesa pubblica.
A tale scopo, potrebbe essere in pericolo la rivalutazione delle pensioni, che annualmente consente di adeguare gli importi al livello di inflazione e permettere ai pensionati di avere una vita dignitosa nonostante l’incremento del costo della vita.
Sulla questione non ci sono ancora comunicazioni ufficiali e per avere notizie più sicure bisognerà attendere la prossima Legge di Bilancio, ma le parole pronunciate dalla Premier Meloni di recente non lasciano molto spazio all’interpretazione.
Allarme dei sindacati: “addio alla rivalutazione delle pensioni dal 2025”
La rivalutazione delle pensioni è il meccanismo tramite il quale l’ammontare degli assegni viene costantemente aggiornato al tasso di inflazione e alle modifiche del costo della vita registrate dall’ISTAT. A seconda dei dati raccolti, sono attribuite specifiche percentuali di adeguamento.
Nel caso in cui, da un anno all’altro, l’inflazione dovesse aumentare, anche le prestazioni avranno una cifra più elevata. Per tale ragione, gli assegni più bassi (come quelli integrati al trattamento minimo) godono di un adeguamento superiore rispetto a quelli di importo significativo, per assicurare a tutti uno stile di vita dignitoso.
Con un comunicato, la CGIL ha denunciato la mancata organizzazione di un tavolo di trattativa tra le organizzazioni sindacali e il Governo, per discutere del tema della rivalutazione delle pensioni. A detta del sindacato, l’Esecutivo, dopo il taglio degli adeguamenti per il biennio 2023-2024, starerebbe valutando l’ipotesi di ridurre ulteriormente le pensioni.
Questa volta, sarebbero in pericolo gli assegni superiori a 4 volte il trattamento minimo, ossia a 1.650 euro netti. In base allo studio condotto dal Dipartimento Previdenza della CGIL e dello SPI, un assegno pensionistico pari a 1.732 euro netti nel 2022, tra il 2023 e il 2025 sarà ridotto di circa 968 euro. Pessime notizie anche per gli importi più elevati; nel dettaglio, una pensione netta di 2.029 euro sarà caratterizzata da un taglio di 3.571 euro, una pensione di 2.337 euro si ridurrà di circa 4.487 euro, mentre una di 2.646 euro perderà 4.534 euro.
Se si considera, poi, l’aspettativa di vita media, un pensionato che percepisce 1.732 euro netti perderà in totale ben 8.772 euro, fino ad arrivare a una riduzione di ben 44.462 euro per gli importi netti di almeno 2.646 euro.